C'è un'Italia musicale che si sopravvaluta e un'altra che si sottovaluta. C'è un paese che crede che tra Shakira e Laura Pausini non ci sia differenza, anzi; un paese che crede che le Vibrazioni siano un gruppo rock.
Da un'altra parte della nazione vi sono artisti in grado di realizzare opere interessanti ed importanti tanto quanto quelle d'oltreoceano, se non di più e ne è quasi imbarazzata.

Tra i tanti linguaggi sotterranei, poco remunerativi ma di grande soddisfazione artistica e "morale" (siamo alle solite, lo so) mi ha colpito il primo lavoro di una banda di musica improvvisata che fa riferimento alla coraggiosa comunità dell'etichetta indipendente El Gallo Rojo Records: Mickey Finn. Mickey Finn era il nome di un barista-benefattore che, nell'America dei bei tempi del Proibizionismo, era uso drogare alcuni avventori per poi finirli con tutta calma.

La formazione vede Giorgio Pacorig alle tastiere, Danilo Gallo al basso acustico, Zeno De Rossi alla batteria ed Enrico Terragnoli alla chitarra.

Registrato durante la notte di Walpurga della primavera del  2005 e poi mixato nei benedetti studi Artesuono di Stefano Ameri, a Cavalicco (UD), Mickey Finn (you're mickey finn, friend, modo di dire che significa: sei fatto, amico) col loro album Dudek! realizzano un lavoro che può essere visto anche come un omaggio a passati mondi lisergici di qualche decennio fa, quando le droghe erano effetti senza conseguenze se non intensi bad trips o roba inefficace.

Il contenuto è un cut-up di un'unica session raccolta dal tecnico del suono Blaz Celarek in quel di Lubljiana, e questa del tagliaecuci è solo una delle tante affinità con l'universo parallelo del Miles elettrificato più morboso ed inquietante, quello per intenderci di Get Up Whit it, al quale Dudek! somiglia per certi versi. A differenza del lavoro del Divino, Dudek! tende a perdersi in se stesso senza volontà di ritrovarsi (ha già chiara l'impossibilità di ciò) e quindi la "roba" sembra non voler prendere la forma comipiuta, organizzando gli spazi in maniera casuale. D'altraparte le droghe che girano oggi sono diverse da quelle degli anni '70… Qui l'effetto sintetico è ossessivo e languido senza programmaticità se non latente.

Marcello Mastroianni, la rumba dedicata al tenero attore, sembra "I only have eyes for you" cantata da un ubriaco intriso nell'armagnac.
Dudek! è dalle parti di Franco Micalizzi.
Redrum!Redrum!Redrum! si dirige verso Calypso Freelimo e attende la voce di Tricky per compiere il trip hop sabbatico.
The return of the giant squid dal titolo cormaniano legata a Smile dead smile stanno ad arrostirsi nei deserti dell'Almeria leoniana e Inferno di Dario Argento. Potrebbero essere il completamento di un western alla Canevari con Bill Frisell motore di idee.
Snoid, tra le più davisiane e non solo per la doppia tromba di Kyle Gregory, gradito e pertinente ospite, ma per il piglio apocalittico del Davis alla "Tutu".
L'atollo hawaiano di pace, serenità e ghirlande e meritata, agognata pace e solitudine de La centesima volta chiude questo viaggio iniziatico tra inferi e paradiso che altro non è che l'intero Dudek!

Come si può verificare dall'ascolto, stavolta la roba è calata "giusta".

La chitarra di Terragnoli si aggira come un vecchio rigattiere avido di tesori nelle discariche e nelle soffitte; il basso di Danilo Gallo ha un'ostinata antipatia per le note e sogna di tramutarsi in un vecchio portone cigolante e dall'aspetto osceno; Giorgio Pacorig sfarfalla sulle tastiere in modo aguzzo e laterale creando zone sterrate e scorciatoie per la statale; la cassa loffia e i piatti sfarinosi di Zeno De Rossi invece sono autostrade.

Buon viaggio!!!

Mickey Finn: Dudek! (El Gallo Rojo Records, 2006) 

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