Non lasciatevi ingannare dal delicato nome del progetto giapponese e dal “pellegrinaggio” suggerito dal titolo perché la musica proposta dal folletto dei campionatori Otomo Yoshihide e dalla cantante underground Tenko è tutt’altro che meditativa. E’ pur vero che nel retro-copertina e nelle foto interne troverete dei brevi scorci fotografici delle 1001 statue della dea buddista della misericordia Kannon, ma sul davanti campeggia la poco rassicurante figura del dio del tuono, ed è quest’ultimo indizio che più di tutti può farvi capire cosa vi aspetta.
Il CD si apre con “Renge”, un canto a cappella (anzi due canti sovrapposti) piuttosto molesto per le orecchie occidentali, interpretato da Tenko in uno stile che congiunge avanguardia e tradizione nipponica. Un pattern ripetitivo di batteria elettronica percorre la lunga (forse troppo) “Ashura” accompagnando riff atonali di chitarra elettrica e grida lontane che sembrano provenire da un’altra dimensione. “Kaenko” e “Hiten” sono gli episodi che mettono più a dura prova l’ascoltatore a causa delle sinistre e pesanti ritmiche elettroniche intessute da Yoshihide e soprattutto per le litanie trapana-timpani di una Tenko che sembra posseduta. Con l’ambientale e minimale “Jouman” l’ascoltatore crederà di avere trovato un’oasi di pace per riprendere fiato: in realtà il sottofondo di frequenze e suoni d’atmosfera e tutt’altro che rassicurante, ma almeno qui gli viene risparmiato il cantato/incubo di cui sopra. Yoshihide fa tutto da solo anche nella merzbowiana “Gouma”, impressionante assalto di distorsioni, mentre quando si aspetta da un momento all’altro il colpo di grazia, arriva sorprendentemente l’ironia di “Henge”, unico episodio melodico (ma molto bislacco), costruito attorno ad un ritmo brasiliano che accompagna un gorgheggio da divetta degli anni venti. Si tratta solo di un episodio però, perché le ultime tre tracce sono un nuovo tour-de-force per i timpani, soprattutto “grazie” alla martellante orgia di tamburi giapponesi presente in “Rinne”.
Un disco che è eufemistico definire ostico ma che piacerà senz’altro a chi è in cerca di novità, anche se la riuscita del lavoro sembra più dovuta all’eccellente professionalità del duo che al vero genio. Il voto è un 3, 5 arrotondato per difetto.
N. B. (se passate per caso per Kyoto fate una capatina al tempio Sanjusangen-do, vi troverete le meraviglie illustrate in copertina, ne vale la pena).
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