Mika è oggettivamente il fenomeno pop del 2007. Si parla moltissimo di lui e del suo tormentone "Grace Kelly", canzone salita alla ribalta delle cronache discografiche più per l'incredibile somiglianza vocale del nostro con Sua Santità Freddie Mercury che per le sue (comunque indubbie) potenzialità melodiche.
E "Grace Kelly" è l'ouverture del plurivenduto "Life In Cartoon Motion", album d'esordio di questo ragazzo libanese che non fa proprio niente per nascondere la sua principale aspirazione ("so I try/a little Freddie"); oltre alle speranze, però, un buon artista deve avere anche i pezzi. E il nostro sembrerebbe, almeno da queste prime canzoni, bravino ma un tantino discontinuo. E se "Grace Kelly" non è certo il miglior episodio del disco ma ha perlomeno fatto breccia, "Lollipop" è una filastrocca piuttosto infantile e poco convincente.
Con "My Interpretation", invece, Mika dimostra di sapersi muovere sul territorio piuttosto spinoso della semi-ballad alla Robbie Williams (sarà proprio il libanese a riporre i fiori sulla tomba artistica del Robbo in declino?), controbilanciandola successivamente con la vitalità di "Love Today", basso pulsante e lievi schitarrate nei punti giusti per un pezzo eternamente sospeso fra parti parlate e falsetti celestiali, probabilmente la canzone che Justin Hawkins sogna di scrivere da anni.
Si prosegue con il bagno negli eighties più danzerecci col fresco singolo per il mercato Italiano "Relax, Take It Easy", per proseguire col discreto lentone per voce ed archi "Any Other World".
"Billy Brown" atterra su un'altra influenza di Mika, i Beatles (in questo caso quelli di Penny Lane), condendoli con tonnellate dei soliti falsetti. Passa poi "Big Girl (You Are Beautiful)", ripetitiva e francamente bruttina, per arrivare al piano-pop di "Stuck In The Middle" (ancora l'ombra del buon Freddie) e alla pomposa chiusura di "Happy Ending", fra vagonate estatiche di falsetti e vorticose partiture di archi.
Un disco, in conclusione, che contrappone ottimi picchi qualitativi a cali di tensione che inducono a ragionevoli perplessità.
Solo il tempo dirà se l'aspirante re del pop ce la farà o gli agguerriti avversari risorgeranno dalle loro ceneri. Per me, più che il nuovo Freddie Mercury siamo di fronte al (possibile) nuovo George Michael.
Sta a voi decidere se è un complimento.
Oppure no.
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