Torna di scena il Diavolo, e con lui gli esorcisti intenti nel santificare giovani creature dalla voce alterata.
"Il Rito" è l'ultima fatica dello svedese Mikael Håfström, uno dei consacrati talenti dell'horror da blockbuster ("1408"), e viene tratto liberamente dal libro "Il rito: storia vera di un esorcista di oggi" di Matt Baglio.
Michael Kovak (Colin O'Donoghue, praticamente esordiente) è figlio di un becchino e vive a contatto con i cadaveri da quando è nato, da quando vide suo padre preparare la madre morta per la sepoltura; decide di diventare un seminarista pur non covando una vera e propria fede nei confronti di Dio e della religione, il che lo porterà a fare domanda di ritiro poco prima di terminare il corso di studi. A causa di questo suo scetticismo, viene inviato in Vaticano per seguire un corso su tecniche di esorcismo e durante la sua esperienza romana viene messo in contatto con Padre Lucas (Anthony Hopkins), un esorcista dai metodi alquanto particolari e non molto ortodossi, metodi fatti talvolta anche di inganni e superstizioni.
Nascondendosi dietro alla propria armatura di dubbio e miscredenza, Michael Kovak suggerisce più volte allo stesso Padre Lucas che la psichiatria potrebbe salvare vite umane laddove l'esorcismo ci prova scacciando fantomatici demoni, anche di fronte a dimostrazioni di possessione su una giovane ragazza incinta (Marta Gastini), tuttavia cede alla conversione totale alla fede nel momento in cui si trova a dover esorcizzare il suo stesso maestro, ormai consapevole dell'esistenza di un Male così profondo che trascende qualsiasi scienza umana.
Discutibilissimo per i contenuti e la morale di fondo, "Il rito" è comunque un horror discreto dominato da una grande atmosfera cupa da incubo permanente, le esternazioni malefiche dei corpi posseduti stavolta non consistono in vomiti verdi o camminate a ragno giù per le scale ma sono un poco più contenute, si fa assaggiare la presenza del Maligno poco a poco fino all'assolo finale da applausi di Hopkins, non ai livelli di quello di Al Pacino ne "L'avvocato del Diavolo" ma comunque superbo, forse unico vero e irrinunicabile motivo per pagare il biglietto al cinema.
La sceneggiatura non è impeccabile e in alcuni casi dà l'impressione di tirare la storia per i capelli, tuttavia è l'ambientazione in una Roma fredda e priva di sole il punto di forza della pellicola, assieme al fatto di voler mostrare la presenza del Male anche in quelli che vengono ritenuti i luoghi più sacri della Terra. Non che ci volesse Håfström per ricordarcelo, ma uno in più non dispiace mai.
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