Siccome è un po' che scrivo su DeBaser, molti di coloro che hanno letto le mie recensioni potranno dirvi che sono un po' troppo lunghe e/o prolisse. Ma stavolta farò un favore a tutti: su questo film spenderò poche righe, lo giuro. Anche perché non vedo come riempire le altre, se non con commenti inutili, visto che il film in analisi non è stato certo partorito da un genio del cinema.
A dirla tutta, l'unica buona mente dietro a tutto il casino ipercompresso di "Harry Potter e il calice di fuoco" sembra solo e semplicemente l'autrice (J.K. Rowling), con qualche rara riserva. Ma non pretendo di soddisfare tutti con una semplice fila di parole. Perciò mi aspetto i vostri commenti. "Harry Potter e il calice di fuoco", lo dico da subito, poteva essere un grande film (e per qualcuno forse lo è). Però, nonostante avesse dalla sua parte un ottimo plot, dei maghi degli effetti visivi come la ILM, e un cast adulto di spessore, qualcuno è riuscito a trasformarlo da fantasy intellettuale (non scherzo) a commedia rosa-adolescenziale frettolosa e discontinua, che inciampa in più punti fino a cadere rovinosamente in un finale poco credibile come stravisto. Oltretutto la clamorosa assenza di John Williams alle musiche rompe l'ultimo laccio che teneva unita tutta la saga cinematografica, disorientando non poco gli appassionati. Fattore disorientante ancor più grave è il ritmo della trama, che passa da un inizio troppo veloce a una parte centrale troppo piatta e più volte noiosa. L'intento poi ampiamente dimostrato di cercare di portare il candido Harry e i suoi amici alla turbolenza adolescenziale scema poi di fronte a luoghi comuni tipicamente americani (Harry Potter dovrebbe essere il manifesto del giovane inglese) che non lasciano scampo alla pellicola. Sono d'accordo che l'adattamento al libro in questo caso era più laborioso, vista la voluminosità di quest'ultimo. Ma in questo caso, per la sceneggiatura, sarebbe stato più conveniente tagliare anziché velocizzare le scene. Tipico esempio di scena inutile (tra l'altro nemmeno presente nell'opera letteraria) sono le prove al ballo del ceppo con la prof.ssa McGranitt (McDonagall in lingua originale). Inutile poi aggiungere che il doppiaggio italiano (sempre piuttosto modesto nella saga di Potter) stavolta raggiunge il fondo, lasciando scoperti e indoppiati molti dialoghi di sottofondo, oltre (considerazione personale) al fatto che la voce di Emma Watson (Hermione Granger) risulta inverosimilmente più stridula e antipatica che mai. Gli attori buoni come Alan Rickman e Maggie Smith vengono usati troppo poco oppure ridicolamente, il prof.re Moody "Malocchio" risulta fin troppo sopra le righe, l'unico che sembra cresciuto del cast giovanile (in termini di prestazioni recitative) è Ron (Rupert Grint). Il preside Silente, invece di risultare un saggio anziano e sapiente, saltella quà e là, è più freddo che mai e talvolta sembra proprio rimbambito. Dov'è finito Richard Harris? E' morto, povero. Lo rivorrei tanto. Daniel Radcliffe? Nessun cambiamento, l'espressione è sempre la stessa. Ciliegina sulla torta, una regia così tonta come non se ne vedeva da tempo.
Mike Newell è un regista di film rosa-drammatici. Come si poteva solo concepire di trascinarlo nel mondo di Potter? Lo saprà la Warner. In fin dei conti questo è un film con molti difetti: eccessivo indulgere di atmosfere dark e poco spazio alle lezioni scolastiche (dov'è finito il rusticismo di Chris Columbus?), tutto succede nell'ultimo quarto d'ora e non si capisce niente nel primo, musiche pompose senza spessore, scene da teen-movie, baggianate con gli effetti speciali, usati troppo e male, attori insoddisfacenti e doppiaggio penoso. Qualcosa si salva? Sì, visto che almeno il film è superiore a tanta altra spazzatura (Natale a Miami, uscito in contemporanea), c'è una scena drammatica che riesce bene (il ritorno di Potter col cadavere di Diggory, la scena al cimitero è una str****ta) ma il più è detto e la sensazione che negli altri film si aveva, cioè che il progetto fosse seguito da vicino da una persona o più, ne "Il calice di fuoco" il tocco scompare (come anche la magia) e tutto diventa puramente e zozzamente commerciale. Non è così che si fa un film.
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