Le potenzialità espressive di Oldfield sono sorprendenti, dopo un lavoro poco riuscito e un po' di compromesso fra tradizione personale e novità come "QE2", Oldfield realizza nel 1982 un disco che rimane la sua migliore produzione per tutti gli anni '80. "Five Miles Out" è un lavoro che non delude i fans del buon Mike e che regala alla musica ancora una volta una bella pagina di grande ispirazione e fantasia. La formula che Oldfield usa per la costituzione del nuovo lavoro ricalca quella già provata nel disco precedente, una suite per un lato del disco ( generalmente quello A) e una serie di canzoni o brani strumentali brevi per il secondo lato.
L'inizio di "Five Miles Out" è affidato alla suite "Taurus II", che a dispetto del titolo non è un continuità con la precedente "Taurus I" su "QE2"; il tema principale del brano è un andamento arabeggiante di chitarre e synth, l'uso dell'elettronica è più marcato e per le sue parti vocali Mike usa frequentemente il vocoder. L'evolversi di questa composizione è segnata da varie esplorazioni musicali, dal reggae alle atmosfere gitane fino ai suoni tipici dell'Europa del nord, Mike cita la musica celtica e quella scozzese, con grande uso di cornamuse, xilofoni e flauti. "Taurus II" è un'emozione crescente, la più riuscita composizione di questo tipo in un lavoro degli anni '80 di Mike, peccato che già dal successivo "Crises" Oldfield perda un poco la bussola, diventando a poco a poco l'ombra di se stesso.
Già negli anni '70 Oldfield aveva frequentato stabilmente le classifiche dei singoli con piccoli strumentali, canzoni di Natale o rivisitazioni di arie e brani folk inglesi, la prima canzone vera e propria ad avere un riscontro di classifica è "Family Man", brano dagli accenti elettronici e caotici che apre il lato B di "Five Miles Out", non è una grande composizione, le canzoni di Mike hanno il difetto di essere molto spesso troppo artificiali. Meglio quindi le senzazioni di pace che scaturiscono dall'ascolto di "Orabidoo", gioiellino che si apre con le note rilassanti degli xilofoni, il canto al vocoder di Mike però stona troppo con il resto. "Mount Teidi" è pura percussione, con Carl Palmer alla batteria, la conclusione è affidata a la title track, che narra di una sfortunata esperienza di volo di Mike, la musica è ancora una volta fortemente elettronica, il canto è diviso con la Reilly, il video che accompagna il brano è tetro tanto quanto la voce artificiale di Oldfield.
In conclusione "Five Miles Out" è un bel disco, pieno zeppo di suoni e belle senzazioni, il successivo "Crises" del 1983, celebra i dieci anni di attività di Mike, è ancora interessante ma dischi come "Islands" del 1987 o "Discovery" del 1984 sono veramente poca cosa.
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