Intanto un saluto a tutti! Sono tornato dopo mesi, e anche se non mi rimpiangevate, beh, vi saluto ugualmente, per educazione…
Ritorno con uno dei miei molti (troppi?) album preferiti: 'Neesh' di Mike Stern, come avrete intuito, bellissimo fin dalla copertina…
Ebbene, proprio poco fa, nel reperire l'immagine, ho visto che oggi avrei potuto acquistarlo risparmiando una decina di euro, ma anche alla cifra che pagai allora, importandolo dal Giappone come credo sia necessario anche oggi, ne è valsa la pena, amici miei.
Se non conoscete né l'artista né il disco, a parte il peccato mortale in cui vi trovate, questo è un ottimo punto di partenza anche se di non facilissima reperibilità, tanto che quando chiesi allo stesso Mike Stern di autografare la mia copia, si stupì di vederla… Ma vi racconto qualcosa, anche perché il libretto è scritto in giapponese e capirete solo che l'anno di nascita del buon Mike è il 1953, se la memoria non mi inganna.
Mike Stern è un grande chitarrista, suona quello che gli amanti delle definizioni chiamano "bop n' roll", che sarebbe jazz-rock, a modo suo, ma jazz-rock. A mio modesto parere non è conosciuto quanto le sue indubbie doti di musicista e di chitarrista renderebbero opportuno, per tutti gli amanti della buona musica. Probabilmente patisce il fatto di non essere arrivato per primo sulla scena, e di non essere stato un talento precoce, ma tant'è, io gli rendo onore a modo mio sperando di accattivargli le simpatie dei de-baseriani…
Quasi coetaneo e allievo di Pat Metheny, Stern arriva al suo primo disco, il 'Neesh' di cui sto parlando, solo nel 1983, alle soglie dei trent'anni, ma vi arriva dopo una gavetta di tutto rispetto, purtoppo anche con problemi serissimi di droga: dai Blood Sweat and Tears (insieme a Jaco Pastorius), passando soprattutto per il Miles Davis del rientro sulle scene nei primi anni '80 (The man with the horn, We want Miles). E Miles raramente si sbagliava sul valore dei musicisti che voleva con sé, tanto che si può dire che grazie alla sua superiore capacità di scopritore e valorizzatore di talenti il jazz ha potuto godere appieno di giganti come John Coltrane, Wayne Shorter, Herbie Hancock, Tony Williams, Dave Holland, e molti, moltissimi altri fino a Bob Berg, Marcus Miller e il nostro amico Mike.
Stern ha un suo suono ben riconoscibile, la sua Yamaha Pacific è ricca di riverbero e "chorus" (il nome dell'effetto che usa), spesso accende una distorsione che col tempo si è fatta sempre più delicata e ovattata, ma in questo primo disco è gloriosamente ringhiante e sporca. A questo proposito, secondo me le sonorità in questo album sono fenomenali, gli anni '80 non sono riusciti a renderlo "kitsch", e un suono così Mike non l'avrà più. Così come non avrà più un gruppo così ben assortito. Intendiamoci, ne avrà altri, e quasi sempre di ottimo livello, ma qui la presenza poderosa e fantasiosa di Victor Lewis alla batteria e l'inifinita classe di David Sanborn al sax alto fanno la differenza, altroché se fanno la differenza… gli altri musicisti sono l'ottimo Tom Barney al basso (ascoltate l'imprendibile riff su Bruze e poi ne riparliamo), Hiram Bullock alla chitarra ritmica, e Buggsy Spaniel alle percussioni.
Il disco si apre con il riff sincopato di Zee Frizz (a proposito, i titoli dei brani sono tutti da godere… ) e subito diventa chiaro con chi e cosa abbiamo a che fare. Energia pura, creatività libera, interplay jazzistico con la grinta del rock, e a tratti una delicatezza quasi neoclassica. I soli di Sanborn e Mike sono sempre ineccepibili, misurati, aggressivi quando occorre, ispirati e sognanti quando è il momento, e il gruppo funziona e gira come un tutt'uno, le strutture più complesse sembrano lineari e trasparenti. E' così che suonano dei veri, grandi musicisti. E poi via, è uno scorrere di stili e generi, dalla ballad al ritmo latin, un duo commovente tra chitarra e sax, e come degna chiusura la title-track, dall'inizio sognante e da brivido.
Un disco da ascoltare ripetutamente, che riserva sempre nuove sorprese e nuove finezze, e che lascia sempre una grande carica vitale. Grazie Mike.
PS: state attenti al suo ultimo CD "Who let the cats out?". Mi duole assai ammetterlo, ma non è all'altezza del musicista che Mike è. In una carriera che secondo me conta pochissimi passi falsi, questo è uno dei più eclatanti.
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