Per comprendere il valore di Mike Stern è sufficiente dare un’occhiata alla sua biografia. Ci troverete una serie di collaborazioni con musicisti jazz di primissimo piano, fra i quali Miles Davis, Billy Cobham, Jim Hall, Jaco Pastorius, Michael Brecker, Bill Frisell, tanto per citare i più significativi. Con un curriculum del genere sarebbe, quindi, lecito attendersi sempre qualcosa di straordinario da parte del chitarrista di Boston.
Forse stavolta non è proprio così.
In questo caso, infatti, le sonorità che Mike Stern propone ed elabora non possono considerarsi assolutamente innovative e strabilianti. In particolare, le contaminazioni etniche, l’utilizzo e la predominanza delle voci, la delicatezza delle atmosfere evocate e certi ammiccamenti “new-age”, fanno, talvolta, tornare alla mente alcuni lavori del binomio Pat Metheny - Lyle Mays, che caratterizzò parte importante della fusion verso la fine degli anni ’80. Penso a dischi come “Still Life (Talking)’” (Geffen, 1987), tanto per fare un celebre esempio. Ma non mancano altre memorie musicali in questo cd di Stern. Ogni tanto si avverte il fantasma di Joe Zawinul e reminiscenze degli “Steps Ahead”.
Questo, tuttavia, non significa che siamo dinanzi ad un’operazione di volgare scopiazzatura, né tanto meno che “These Times” (ESC Records, 2003) non sia un buon lavoro, è anzi vero il contrario. È, infatti, un disco gradevolissimo dal principio alla fine, un disco delicato, talvolta lieve, in cui Mike Stern, pur essendo in primo piano con la sua chitarra, mostra il suo grande talento senza eccedere in inutili protagonismi e deprecabili manierismi.
Forse non è il disco fusion più bello che ho ascoltato in vita mia, forse non sarà originalissimo e innovativo, ma è un lavoro spontaneo, solare, sincero, che colpisce al cuore e sa farsi ascoltare. Anche perché, dato non irrilevante, Mike Stern riesce ad essere sempre molto espressivo, lirico ed estremamente melodico, divertendosi armonicamente insieme a tutti i musicisti che lo accompagnano, dal sassofonista Kenny Garrett, capace di inventare alcuni straordinari assolo, al batterista Vinnie Colaiuta, ai bassisti Richard Bona, Victor Wooten e Will Lee, fino al percussionista Arto Tuncboyaciyan e via così tutti gli altri.
Per queste ragioni “These Times” continua a girare quasi ininterrottamente sul mio lettore da diversi giorni ormai. Credo che prima o poi mi stancherò di ascoltarlo, non so dirvi quando, ma sicuramente ci vorrà un bel po’ di tempo.
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