"Ah, Danny, Danny, ma ti rendi conto del casino in cui ti stai infilando? Voglio dire, hai veramente intenzione di scrivere una recensione su Mikis Theodorakis? Proprio quel Theodorakis? Ma come ti vengono ste pensate!? Stai parlando di un pezzo di storia, non hai il background, non sei all'altezza, non hai le conoscenze necessarie per comprenderlo appieno, lascia perdere che è meglio!" Questo è il mio grillo parlante, la voce della mia coscienza, e io so che ha ragione ma non me ne importa, voglio farlo, provarci per come ne sono capace, e basta. Non starò ad annoiarvi riassumendo la sua biografia, o imbastendo qualche discorso già sentito su cosa la sua musica abbia significato per il suo paese e non solo, credo e spero che un artista di tale calibro non abbia alcun bisogno di presentazioni, e poi queste cose le potete leggere da tante altre parti, molto meglio di come potrebbe sciorinarvele il sottoscritto. Però la mia prospettiva posso spiegarvela solo io, giusto? E allora dai, proviamoci.
Questa raccolta del '97 propone 16 tra i suoi migliori e più conosciuti sirtaki: un album interamente strumentale quindi, con quelle note tremule e tintinnanti che danzano come i riflessi del sole sulla superficie del mare. Ovviamente c'è quello che nell'immaginario collettivo è IL sirtaki per antonomasia, ma, dato che lo conoscono pure i sassi, se per voi non è un problema passerei oltre, alle altre meraviglie, magari meno conosciute, di questo grandissimo compositore. "è un fiume amaro dentro me, il sangue della mia ferita, ma ancor più amaro è il bacio che sulla bocca tua mi ferisce ancor", vi dice qualcosa? Lì la Zanicchi era ancora una cantante, pure brava per quanto mi riguarda, però in fin dei conti la voce è solo un'aggiunta superflua, "Ine Megalos O Kaimos" è perfetta così com'è, musica e nient'altro, una musica di una bellezza devastante, una malinconia viva, dolente, ma che riflette tutto ciò che di bello e buono ci sia nel mondo: la gioia di vivere, i colori di un tramonto sul mare. Una semplice (e sottolineo semplice) melodia può avere un potere immenso, può raccontare una storia, anche senza parole, può descrivere uno stato d'animo, un paesaggio, la storia e il vissuto di un popolo meglio di qualsiasi altra cosa; Theodorakis lo sapeva benissimo, ed è riuscito a trasmettere tutto ciò con un'efficacia impareggiabile. In "Sto Parathiri Stekosoun" si sente tutto lo slancio, la vitalità e la dolcezza di un amore giovane, appena sbocciato, le armonie cadenzate, amare ma assolutamente fascinose, di "Vrehci Sti Ftochoguitonia" esprimono alla perfezione sensazioni di disagio, di protesta ma anche di orgogliosa dignità, mentre "Kylkamino" è la primavera che esplode in un tripudio di colori, pura vivacità e gioia di vivere.
Sarà pure un semplice best of, ma "The Very Best Of Mikis Theodorakis" scorre con la coerenza, la grazia e la fluidità di un album studiato come tale, e studiato veramente alla perfezione; solo la conclusiva, dolcissima "An Thimitis To Oniro Mou" si discosta mettendo in primo piano i sintetizzatori e un suono più simile a una classica chitarra acustica, per il resto il tintinnìo argentino del bouzouki è l'impalcatura che regge ogni composizione, strumento solista e idealmente anche voce, una voce che canta e che comunica senza alcun bisogno di parole, con semplici arpeggi. Momenti di ritmo e allegra levità come "Margarita, Margaro" e "Varka Sto Gialo", altri più passionali, con una punta di amarezza, "Prodomeni Mou Agapi" e "Otan Sfigoun To Heri", e affreschi musicali, paesaggi di mare e di campagna evocati in episodi come "Chrysoprassino Filo" e "Sto Periyali To Kryfo"; "Gonia, Gonia" e "Sta Perivolla", con armonie e atmosfere che riecheggiano influssi del vicino Oriente.
Artista fondamentale? Secondo me assolutamente si, gusto melodico sublime e una poetica tutta sua; nelle sue composizioni c'è il retaggio di una tradizione antichissima, in cui la nostra stessa tradizione musicale affonda le sue radici, che Theodorakis ha saputo traghettare nell'epoca moderna con assoluta brillantezza e capacità di arrivare al cuore di tante persone e ispirando tantissimi altri artisti venuti dopo di lui, ben oltre i confini del suo paese. In queste melodie l'anima mediterrarea risorge in tutta la sua gloria e il suo antico splendore, non quello dei palazzi reali di Creta e delle Domus Auree ma di una natura meravigliosa e della gente comune, con le sue gioie e i suoi affanni.
Questa raccolta del '97 propone 16 tra i suoi migliori e più conosciuti sirtaki: un album interamente strumentale quindi, con quelle note tremule e tintinnanti che danzano come i riflessi del sole sulla superficie del mare. Ovviamente c'è quello che nell'immaginario collettivo è IL sirtaki per antonomasia, ma, dato che lo conoscono pure i sassi, se per voi non è un problema passerei oltre, alle altre meraviglie, magari meno conosciute, di questo grandissimo compositore. "è un fiume amaro dentro me, il sangue della mia ferita, ma ancor più amaro è il bacio che sulla bocca tua mi ferisce ancor", vi dice qualcosa? Lì la Zanicchi era ancora una cantante, pure brava per quanto mi riguarda, però in fin dei conti la voce è solo un'aggiunta superflua, "Ine Megalos O Kaimos" è perfetta così com'è, musica e nient'altro, una musica di una bellezza devastante, una malinconia viva, dolente, ma che riflette tutto ciò che di bello e buono ci sia nel mondo: la gioia di vivere, i colori di un tramonto sul mare. Una semplice (e sottolineo semplice) melodia può avere un potere immenso, può raccontare una storia, anche senza parole, può descrivere uno stato d'animo, un paesaggio, la storia e il vissuto di un popolo meglio di qualsiasi altra cosa; Theodorakis lo sapeva benissimo, ed è riuscito a trasmettere tutto ciò con un'efficacia impareggiabile. In "Sto Parathiri Stekosoun" si sente tutto lo slancio, la vitalità e la dolcezza di un amore giovane, appena sbocciato, le armonie cadenzate, amare ma assolutamente fascinose, di "Vrehci Sti Ftochoguitonia" esprimono alla perfezione sensazioni di disagio, di protesta ma anche di orgogliosa dignità, mentre "Kylkamino" è la primavera che esplode in un tripudio di colori, pura vivacità e gioia di vivere.
Sarà pure un semplice best of, ma "The Very Best Of Mikis Theodorakis" scorre con la coerenza, la grazia e la fluidità di un album studiato come tale, e studiato veramente alla perfezione; solo la conclusiva, dolcissima "An Thimitis To Oniro Mou" si discosta mettendo in primo piano i sintetizzatori e un suono più simile a una classica chitarra acustica, per il resto il tintinnìo argentino del bouzouki è l'impalcatura che regge ogni composizione, strumento solista e idealmente anche voce, una voce che canta e che comunica senza alcun bisogno di parole, con semplici arpeggi. Momenti di ritmo e allegra levità come "Margarita, Margaro" e "Varka Sto Gialo", altri più passionali, con una punta di amarezza, "Prodomeni Mou Agapi" e "Otan Sfigoun To Heri", e affreschi musicali, paesaggi di mare e di campagna evocati in episodi come "Chrysoprassino Filo" e "Sto Periyali To Kryfo"; "Gonia, Gonia" e "Sta Perivolla", con armonie e atmosfere che riecheggiano influssi del vicino Oriente.
Artista fondamentale? Secondo me assolutamente si, gusto melodico sublime e una poetica tutta sua; nelle sue composizioni c'è il retaggio di una tradizione antichissima, in cui la nostra stessa tradizione musicale affonda le sue radici, che Theodorakis ha saputo traghettare nell'epoca moderna con assoluta brillantezza e capacità di arrivare al cuore di tante persone e ispirando tantissimi altri artisti venuti dopo di lui, ben oltre i confini del suo paese. In queste melodie l'anima mediterrarea risorge in tutta la sua gloria e il suo antico splendore, non quello dei palazzi reali di Creta e delle Domus Auree ma di una natura meravigliosa e della gente comune, con le sue gioie e i suoi affanni.
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