Potremmo anche definirlo filosofico questo libro, ma senza quella pesantezza propria di una parte della filosofia. Con leggerezza - eccola, eccola la parola chiave! - la storia viene narrata, eri presente tu lì, si capisce, conosci i protagonisti, signor Kundera. Inutile dichiarare che sono esseri inventati, non è vero, non è vero. Tutto è vero. E' vero Tomas, i suoi tradimenti e il suo amore, è vera Tereza, il suo disagio e il suo amore, vera è Sabrina, i suoi tradimenti su tradimenti, la sua disillusione, è vero Franz, l'insicurezza e l'istantanea follia. E' vera l'umiliata Praga, il ponte Carlo piangente la sua ingenuità in quel '68, il suo coraggio. Vero è il cane Karenin, la fedeltà e il suo amore.  La vita è la mescolanza, la coincidenza degli opposti, lì risiede la perfezione. Ecco l'infedeltà svegliata ogni mattina dall'abbaio della fedeltà, ecco l'infedeltà che si incontra con altro tradimento, ecco il prurito del disagio, sopporta dormendo le sue pene. Il coraggio si muta in follia, l'impegno in disinteresse, il buio in luce, il sogno in realtà.

Cosa si prova a leggere questa leggerezza? Chi può dirlo, ogni uomo è notoriamente unico (un individuo, non a caso), ognuno reagirà a modo suo. In me quelle pagine hanno creato una pesantezza leggera che pochi altri scritti mi hanno donato. Credete, credete davvero che "pesantezza leggera" sia un ossimoro da aspirante alternativo? No...è il descrivere, è il dipingere quella sensazione prossima alla malinconia (malinconia non è), è simile, è malinconia senza l'oggetto verso il quale si sospira. Non è un libro facile questo, anche se potrebbe sembrarlo. La riflessione filosofica si mescola all'elegia, il dramma storico si unisce al racconto (auto)biografico ("son come falchi quei carri appostati/corron parole sui visi arrossati/corre il dolore bruciando ogni strada/e lancia grida ogni muro di Praga...") in un acquarello stanco, ma ancora vivo. Non è un libro facile, non voglio illudervi, ma è scritto in modo che così appaia. Dote propria solo dei grandi, quella di far apparire come lineari discorsi contorti!

Grazie, grazie di conoscermi, signor Kundera, e di aver scritto questo libro per me. Oh, quella sensazione! Se voi poteste provarla, effimera e sfuggevole come la provo io! Spero che possiate farlo, spero davvero che possiate vivere quella sensazione simile alla malinconia, che malinconia non è, da pochi anni ha un nome, solo dal 1984 ha un nome, la chiamano "l'insostenibile leggerezza dell'essere". Che bell'espressione! E credete davvero, davvero credete che sia un'espressione da aspirante alternativo? No, non pensate questo di Milan Kundera, pensate piuttosto che egli sia riuscito, che egli riesca per meglio dire, a far provare tramite le sue parole quella sensazione indicata nel titolo.  Pensate che non sto scrivendo ancora sull'onda dell'emozione, sì ho appena finito di leggere il libro, ma non è sull'onda dell'emozione che celebro il suo dipinto, il dipinto del racconto. E se anche fosse, significherebbe che suscita una sensazione talmente intensa da annebbiare la stessa capacità di giudizio, perciò mettetela come volete, ma questo non è un libro, è l'anima trascritta.

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