Come tutti sanno Miles Davis è un musicista fuori dal comune, poetico, comunicativo, creativo, sperimentatore e via di questo passo; in poche parole un artista completo. Questa sua completezza e voglia di rimanere sempre al passo coi tempi, senza mai copiare, bensì rielaborando e mescolando il passato ed il presente musicale è ben visibile nel doppio album live che oggi voglio presentarvi, cioè il mastodontico "Agharta", registrato il 1 Febbraio 1975 all'Osaka Festival Hall in Giappone con un formazione comprendente: Sonny Fortune (Sax soprano ed alto, flauto), Michael Henderson (Basso Fender), Pete Cosey (chitarra, synth e percussioni), Al Foster (Batteria), Reggie Lucas (Chitarra), Mtume (Conga, percussioni e water drum) ed ovviamente Miles Davis alla tromba ed organo.

Siamo in pieno periodo elettrico, e si sente! Il maestro guida i suoi allievi in una lunga cavalcata fatta di atmosfere elettrizzate e raffinate, assoli funambolici e momenti più riflessivi, il tutto orchestrato con una classe ed un'eleganza che sono il vero marchia di fabbrica di un artista poliedrico a cui l'etichetta Jazz andava spesso stretta e sentiva l'esigenza di esplorare e viaggiare in quell'immenso oceano che è la musica. Passando ad un'analisi più approfondita del doppio album vediamo che i brani sono di una lunghezza considerevole, "Prelude" supera la mezz'ora, ma questo non ne rende difficile la presa, anzi alla fine dell'ascolto ci si rende conto che il tutto scorre senza un attimo di calo, come se fosse tutto un unico e corposo racconto del quale si vuole scoprire il finale ma allo stesso tempo si vorrebbe fosse infinito, per quanto è bello ed accattivante.

Il buon Miles è sempre perfetto e lascia ampio spazio agli altri musicisti, tutti veramente all'altezza della situazione e molto passionali nel suonare, infatti riescono a creare un tappeto sonoro molto "caldo" e personale che coinvolge ed affascina senza mai sfociare nel tecnicismo sterile e fine a se stesso. In generale ci troviamo davanti ad un lavoro veramente pregevole, registrato benissimo e con un pubblico composto e silenzioso che fa sembrare il concerto quasi come un piccola jam session privata, dove i musicisti sono liberi di esprimersi senza vincoli e costrizioni. Per concludere questa mia piccola analisi mi sento di consigliare questo album non solo agli amanti del Jazz o ai fan dello "Sciamano elettrico", bensì anche a tutti coloro che amano il rock, in particolare quello più "progressivo", in quanto qui troveranno composizioni originali, fresche e dannatamente moderne, che non sentono assolutamente il peso degli anni ed anzi, come il buon vino, più invecchiano e più diventano un patrimonio da custodire gelosamente per le generazioni che verranno in seguito.

Un'ultima precisazione riguarda la scelta di non voler segnalare un brano rispetto ad un altro e questo per una ragione molto semplice: l'opera in questione ha un mood unico che rende ogni canzone un pezzo intimamente collegato agli altri, quindi una qualsiasi citazione sarebbe fuorviante ed inutile; ascoltarlo tutto è l'unica scelta e vi assicuro non ve ne pentirete!

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