MILES DAVIS - "AT FILMORE EAST"
In principio è il caos, in principio è un vero baccanale poi arriva la tromba salvifica dello sciamano elettrico e tutto torna a posto.
Il disco in questione è una raccolta di live del 1970, registrati a New York e prodotti da quell'eminenza grigia che è Teo Macero ed è un album costruito sul gioco della presenza/assenza della tromba di Miles Davis all'interno di una costruzione musicale molto complessa.
L'album rispecchia abbastanza fedelmente la personalità carismatica e contradditoria di Miles Davis che gioca continuamente su una bipolarità diffusa in tutta l'opera; infatti quando Miles non suona si ha l'impressione di assistere ad una orgia musicale: le note che emergono dalle tastiere di Chick Corea e di Keith Jarrett sono schegge impazzite, Jack DeJohnette suona come un pazzo e Dave Holland cerca di mantenere un minimo di disciplina, c'è chi grida e chiaddirittura da la carica con un fischietto...l'atmosfera è surriscaldata, il vortice sonoro è all'apice... e poi...
e poi arriva lui...poche note sulla sua tromba non ancora (per fortuna) elettrificata ed è come se il sound così disordinato ed anarchico si focalizzasse in unico punto, come se i musicisti si mettessero sull'attenti per ascoltare quali altri ordini deve impartire il capo..perchè è di questo che si tratta di un vero e proprio predicatore musicale che salito sul pulpito indica la direzione da seguire.
La batteria si placa, le tastiere si riallineano ed esce un suono cristallino purissimo, suono quasi allo stato puro perchè importa pochissimo che si stia suonando "directions" , "the mask" o "bitches brew", infatti qui non contano le tracce bensì il sound della band; è come se fosse una unica improvvisazione circolare senza un'inizio ed una fine, ci si precipita nel cuore della ricerca elettrica davisiana, lontani sia dai viaggi esoterici dal sapore vagamente hippydi "in a silent way", sia dalle ritmiche di quel calderone jazz-funk che è "on the corner";la tromba è ancora nuda e padrona dei registri più alti, dilata gli spazi, crea cesure come Tagli di Fontana e poi all'improvviso accellera il passo ed ecco che ricomincia il baccanale...
La formazione musicale è a dir poco stratosferica; ovviamente Davis alla tromba e poi Grossman al soprano, Jarrett e Coreaa litigare fra loro alle tastiere, Holland al basso elettrico, DeJohnette e Moreira alle percussioni. La band è anomala in quanto si nota la mancanza della chitarra elettrica che è sempre stata inserita nei dischi elettrici di Miles.
A mio parere la discografia davisiana ci ha lasciato registrazioni memorabili di batteristi, di sassofonisti, di pianistima a conti fatti credo che dal punto di vista chitarristico sia abbastanza carente e che questa formazione diciamo "ridotta" produca un sound più concentrato, più conciso e più vitale rispetto a quello che si può ascoltare per esempio in "live-evil" o "get up with it"; e personalmente mi sarebbe piaciuto ascoltare un lp in studio di questo gruppo magari con una formazione ancora più essenziale,tipo senza Moreira e magari con Davis unico fiato..ma sto divagando...
In conclusione perchè ascoltare questo lp?
Si ascolta questo lp perchè, se si accetta la sfida fatta da Miles e si comprende (non è un disco dei più facili) la finezza del gioco che sorregge il tutto, si prova un piacere che si rinnova ad ogni ri-ascolto proprio come nei suoi capolavori più celebrati, e perchè forse è cronologicamente l'ultima testimonianza veramente creativa del genio Miles Davis.
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