Miles Davis disse che non ascoltava i suoi vecchi dischi da anni e un'altra volta disse che suonava brani nuovi perché i precedenti lo avevano annoiato; ritornando su questo disco scrisse nella sua autobiografia: "Penso sia un capolavoro, lo credo veramente".

Aura è un disco che fu inciso nel 1985 per la Columbia, la quale lo pubblicò quattro anni dopo. Cosa che fece alterare non poco Miles Davis che lasciò la casa discografica, siamo a sei anni dalla morte del trombettista e questo è considerato da molti il suo vero testamento artistico. Le composizioni sono di Palle Mikkelborg, che creò la suite per Miles, quando questi ricevette un premio assai raro il "Leonie Sonnings Music Award"nel 1984, anche perché solitamente era consegnato a compositori di musica classica. Per l'evento si diede appunto un concerto. Miles si appassionò al lavoro di Mikkelborg e decise di registrare il lavoro a Copenaghen insieme alla Danish Radio Big Band. L'opera di Mikkelborg prende influenze dalle Composizioni di Charles Ives, Oliver Messiaen, Igor Stravinskij (lo scrivo per dovere di cronaca, di mio pugno non l'avrei mai scritto) da Gil Evans, con il quale Palle ha lavorato e ovviamente dall'opera di Miles, anche perché questo lavoro è il tributo"in Vita" per un suo guru spirituale/musicale.

Oltre alla Danish Radio Big Band vi sono nomi interessanti: ovviamente la tromba di Miles Davis e Mikkelborg tromba aggiuntiva e Flicorno; alla Chitarra John Mclaughlin (qui veramente spettacolare) che aveva già lavorato con Miles in "Bitches Brew", "In Silent Way" (dove nel booklet sembrava un lord inglese in mezzo a un mucchio di negracci e gente un "pelino fuori di testa"); il nipote di Miles, Vince Wilburn alla batteria elettronica; Bo Stief un bassista che ha lavorato con Stan Getz, Dizzy Gillespie; Marilyn Mazur alle percussioni ed altri effetti sonori (a Davis piacque talmente che la volle per il suo tour); Niels Henning-Orsted Pedersen al basso acustico; Thomas Clausen al Piano... dal 63 Miles non suonava con un'orchestra.

Il tema di dieci note che percorre "Aura" è basato sulle lettere M.I.L.E.S. D.A.V.I.S., dieci sono anche le tracce che hanno un'introduzione e nove colori che rappresentano lo spettro della luce e dell'anima di Davis, la quale è sezionata per restituire un unità complessa e caleidoscopica, il quale fonde Rock, Jazz, Classica, Blues, Reggae. Fusion way of life.

Sarò orribilmente schematico...

Intro - Mclaughlin introduce il tema di dieci note alla chitarra supportato dai sintetizzatori in un lento crescendo, improvvisamente la batteria e i sintetizzatori cominciano a battere duramente su diversi ritmi in continua mutazione, la tromba entra leggera duettando con la frenetica chitarra, mentre le tastiere creano un tappeto di suoni confusi e sinistri. Il pezzo si chiude circolarmente tornando alla ripetizione del tema e gli effetti sonori tornano all'atmosfera distesa iniziale.

White - la tromba di Miles parte con un assolo, lievemente s'introducono splendidi effetti sonori come triangoli, cimbali... che regolano l'andatura introspettiva del brano, quelle vibrazioni portano un riposo alla sensazione di solitudine che esprime il brano, la tromba diventa malinconica e comincia a ripetere le ultime note del brano finendo col chiudersi in suoni sempre più soffici.

Yellow- L'orchestra si divide con la prima parte composta da un'arpa e un oboe che creano un incanto, un prato di fiori splendidi che sbocciano che si aprono al sole sotto i nostri occhi, ma in fondo allo stesso prato vi sono suoni inquietanti, infatti, poi viene a introdursi la chitarra con il tema, l'orchestra si fa potente cambiando completamente il brano, partono i corni, la batteria, i tromboni creando un'atmosfera pesante e oscura, ora nel prato vi sono solo alberi venefici che allungano i rami per catturare il malcapitato e come in un gotico le lunghe passeggiate tra corridoi bui e i silenzi della pioggia si tramutano in picchi di terrore puro.

Orange - colore legato a qualcosa che sta per formarsi, si apre con l'assolo di chitarra con una batteria che cerca di seguirla, mentre le tastiere fanno "TA-TA" per quasi tutto il brano, Miles dopo due minuti diventa il perno del brano, la sua tromba diventa sempre più sprizzante di vita e urla irrorata dalla sua linfa, verso il finale subentrano corni e cominciano a propagarsi suoni interstellari, e le tastiere passano da "TA-TA" al distorto "WAH-WAH" (concedetemi il delirio) penso vagamente a "Head Hunters", al funky insomma...

Red - il ritmo ascende lentamente, come la preparazione e accensione di un fuoco dove al centro vi è l'assolo di Miles che viene avvolto dalle spire di tromboni e sintetizzatori ai quali si aggiungono basso e chitarra arrivando a un attimo di sussulto che sembra voglia fare esplodere tutto rischiando di " scottare" l'ascoltatore, la batteria tuona pesantemente e il diavolo dei bassifondi balla "Down in the hole". Le fiamme salgono sempre più, ma proprio quando si crede di essere spacciati le fiamme ritornano a un livello di regime.

Green- dovrebbe essere un tributo a Gil Evans, una specie di elegia alla natura dove il basso di Stief e lieve e contenuto. Tutto riporta a un'atmosfera di pace e distensione, i corni ripetono il tema supportati dall'orchestra e i sintetizzatori, la tromba s'introduce soffice e duetta con il basso acustico la voce della vocalist Eva Thysen risuona sullo sfondo come il canto delle sirene che cattura i sensi.

Blue - piccola introduzione di tromba e si parte con un reggae crepuscolare, che sale lentamente poi si spegne, come un uccello stanco che ritorna al nido quando cala la notte, ma godendosi nel mezzo della composizione voli imprevedibili e ascese velocissime (scusate...), pian piano mentre la tromba si spegne sono introdotti suoni d'arpa e di campanelli.

Eletric Red - non sarebbe proprio un colore da spettro della luce, ma probabilmente a Palle e Miles piaceva tanto "Red" che hanno deciso di farse una versione alternativa con e una variazione di corni e Miles che si perde e comincia a inseguire un sound personale.                                                                            

Indigo - unica traccia in cui Davis non è presente, è comunque splendida con velocissime e meravigliose percussioni, leggere spazzole su piatti d'oro, e il piano che alterna momenti dolci e frenetici (paradossalmente uno dei migliori brani dell'album) e poi l'orchestra che cerca di seguirli con il basso che nell'ultima parte emerge lentamente. Fase R.E.M. che anticipa un sogno meraviglioso e che nell'ultima parte si materializza più potente che mai attraverso i tromboni.

Violet - l'ultima traccia è un tributo a Miles Davis che parte dopo un'introduzione di chitarra seguito da basso e tastiere che creano un'atmosfera di attesa continuando a passarsi il sound come se fosse una palla per poi cominciare un blues meraviglioso che ci lascia interdetti e ci fa gustare profondamente l'opera che ora si srotola davanti a noi così come la carriera di Miles. Una superficie viola viene scavata e vi si scoprono strati di un viola sempre più intenso.

La recensione è tecnocratica (l'articolo di Khephra Burns all'interno dell'album mi ha un po' sotto il profilo tecnico), ma spero di avere interessato i lettori e magari di aver suscitato in qualcuno di voi una voglia di rispolverare o ascoltare questo lavoro veramente splendido, che ha bisogno di ascolto ed attenzione, ma vi ripagherà sicuramente.

Non smentirò le parole di Miles dicendo che questo "AURA" è un capolavoro.Non riesco a trovare una chiusa alla mia recensione.

Miles in copertina se ne sta con il cappello sugli occhi e la tromba tra le mani... soffia e l'orchestra comincia a suonare.

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