Inciso a New York nell'estate del 1967, Nefertiti è un album di 6 tracce originali che vede all'opera il grande Miles Davis, naturalmente alla tromba, Wayne Shorter al sax tenore, Herbie Hancock al piano, Ron Carter al contrabbasso e il prodigio (al tempo diciassettenne) Tony Williams alla batteria.
Negli anni '60, Davis era già un artista affermato, ma abituato com'era ad essere sempre nell'occhio del ciclone dei cambiamenti, si sentiva sorpassato dalle nuove tendenze e i nuovi orientamenti del jazz (Ornette Coleman, Coltrane). E' questo meccanismo che lo porterà a rinnovare la sua formazione (Hancock e Williams). Ecco che in questo album si legge il cambiamento, innesti di free (libertà dalle regole e dagli schemi), che però non sortiscono effetto rivoluzionario. Almeno, alla luce del panorama jazz che in quegli anni si andava imponendo.
Le nuove composizioni di Nefertiti sono fresche, con spiluccati innesti di standard, accelerazioni, rallentamenti, rottura della continuità ritmica, ed a tratti assenza di accompagnamento di batteria o pianoforte. Tempi continuamente variati, note bizzose e pochi accordi. Il modo di suonare di Davis è ancora più "economico", astratto, essenziale, comunque molto intenso con alcune "tipiche" impennate delle note. Senza dubbio influì l'innesto del giovanissimo Williams.
Nei primi due brani, "Nefertiti" e "Fall", si avverte la freschezza compositiva di Shorter, ma non solo. C'è una sorta di rifiuto dello schema assolo-esposizione-assolo-riesposizione. I due fiati si limitano a suonare costantemente la melodia mentre la sezione ritmica va in primo piano."Pinocchio" è meno avventurosa e ricorre a passaggi di assieme per preparare gli assoli. I due pezzi di Hancock sono costruiti in modo simile e con "Hand Jive" si ritorna ad un approccio più ortodosso.
Per onore delle classificazioni, ecco il primo album free di Davis, assolutamente godibile e ancora oggi, fresco.
Carico i commenti... con calma