Vi è mai capitato di trovarvi quasi per caso in un posto che avevate dimenticato, riviverne il ricordo e scoprire d’incanto una nuova bellezza in ciò che avevate amato perdutamente? È una sensazione simile, ma non del tutto, ad un intenso déjà-vu, di quelli forti come una scossa, così piacevole che si cerca di prolungarla, ma inutilmente, perché può durare solo uno splendido attimo. A me è capitato spesso, stavolta non in un luogo particolare, ma riascoltando questo disco.

Sapevo che era meraviglioso, ricordavo le note, i colori degli strumenti, le improvvisazioni e i passaggi melodici dalla malinconica ed eterna delicatezza notturna di "'Round Midnight" alla frenesia quasi metropolitana di "Ah-Leu-Cha", al romanticismo di "All Of You", fino alla cantabilità di "Bye Bye Blackbird" che mi son’ ritrovato a fischiettare come se fosse passato solo un giorno dall’ultimo ascolto. Sapevo... ricordavo sì... ma l’immagine della mia memoria non era abbastanza, era una foto sbiadita, perché in realtà non avevo più presente che fosse così bello. Non si può vivere la musica solo nel ricordo, alcuni suoni poi ti chiedono con più forza di vivere nel presente e il jazz è tra questi. Eccomi allora a riscoprire la perfezione degli assolo essenziali, lucidi di Miles Davis e corposi, vibranti di John Coltrane, a stupirmi ancora per la raffinatezza dei fraseggi pianistici di Red Garland, ad esaltarmi per l’immensa sezione ritmica di Paul Chambers (contrabbasso) e Philly Joe Jones (batteria), godendomi l’insieme di uno dei quintetti più importanti della musica jazz. Ma devo confessare che la percezione dell’ attuale incanto dell’ascolto ha superato perfino la memoria. Soprattutto per la natura di questa musica che non ha bisogno di colpi di scena per essere affascinante, scorre limpida, fluida, perfetta, a volte è felpata, calda, altre volte incalzante, ma si sente sempre che è nata liberamente grazie ad un grande affiatamento tra i musicisti. Per questo il tempo non la logora e rimane viva oggi come quando è nata.

Devo allora essere grato alla Columbia records che mi ha dato la possibilità di riavvicinarmi a questo disco dopo tanto tempo, dato che avevo la presunzione di averlo immutabilmente assimilato dentro me. L’occasione del riascolto deriva da una pubblicazione riveduta aggiornata dell’album nella serie Legacy. Un’operazione interessantissima perché la ristampa prevede, accanto ai sei storici brani originari del disco, l’aggiunta di quattro splendide tracce inedite. Ma non è tutto perché la casa discografica ha deciso di inserire anche un bonus cd contenente un concerto del 1956 ed una jam session del brano "’Round Midnight" dell’ anno precedente Quest’ultima in particolare vede esprimersi dal vivo una formazione davvero leggendaria: oltre il sommo Miles Davis alla tromba, troviamo infatti Gerry Mulligan e Zoot Sims rispettivamente al sax baritono e tenore, Percy Heat e Connie Heat (entrambi del Modern Jazz Quartet) al basso ed alla batteria e, dulcis in fundo, Thelonious Monk al pianoforte. Solo leggendo questi nomi mi son’ venuti i brividi, immaginate ascoltando. Ma del resto in quel periodo il jazz era affollato da una nutrita schiera di geni che, incontrandosi sui palcoscenici e nelle sale di registrazione, avrebbero cambiato completamente la storia di questo genere sconfinato. Ripensandoci oggi viene voglia di saltare su una macchina del tempo, ma non potendo farlo si può essere ben ricompensati dall’ascolto di dischi come questo che hanno la dote rara di poter essere ascoltati centinaia e centinaia di volte regalandoci sempre nuove sensazioni di freschezza e di scoperta. E se questo non vi basta...

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