Il terzo lavoro sulla long run degli scandinavi Millencolin from Orebro rappresenta l'epilogo della prima parte di carriera. Appunto una sorta di trilogia iniziata tre anni or sono con "Same Old Tunes" e conclusa con questo disco in cui tutti i retroscena, le peculiarità, gli angoli nascosti e la spontaneità vengono passati al pettine. Perché l'epilogo, si sono mica sciolti? Ma no, nel senso che come una grande saga che si rispetti la trama (in questo caso rappresentata dalle sette note) che si era diramata nel corso dei capitoli precedenti, qui arriva a un finale. E qui appunto si chiude il primo volume della serie, (c'è ne sarà un secondo che comincerà qualche tempo dopo con molte sorprese, ma questa è un'altra storia...).

Questo finale non il classico "...e vissero tutti felici e contenti.." o "il bene trionfa sul male", bensì la summa del talento e della passione di questi quattro ragazzi verso l'hardcore potente ma al tempo stesso melodico messo in scena e rappresentato degnamente lungo i dodici episodi che compongono "For Monkeys". Platter battezzato in questo modo, per via dell'abitudine dei membri della band di soprannominarsi a vicenda scimmie!

Se nei precedenti dischi avevamo apprezzato un suono che faceva dell'allegria e della velocità contaminata a spruzzi ska-punk il suo punto peculiare, in cui comunque c'era abbastanza melodia, qui le cose vanno in meglio. Infatti l'hc presente sul cd è più maturo, potente e dinamico rispetto ai primi due e inoltre diminuiscono, quasi spariscono del tutto le velleità ska-eggianti. Magari per qualcuno l'etichetta melodic hardcore è sufficiente per altri generica, diciamo che il suono del disco è diretto, vivace senza troppi fronzoli: la durata delle canzoni è tra i due e i tre minuti al massimo, per una durata totale che si assesta sulla mezzora. Per dare un'idea del sound: più Pennywise e meno NOFX.

Il disco nasce sotto la loro etichetta storica la svedese Burning Heart record, tutt'ora loro attuale label. Mentre per la distribuzione del solo mercato americano la distribuzione è affidata alla Epitath. Da notare come l'accordo raggiunto l'anno prima per i diritti di distribuzione tra le parti è parecchio significativo: i Millencolin furono in assoluto il primo combo non americano ad ottenere un contratto con l'etichetta di Mr. Bad Religion.

A chiarirci in pratica "l'ambientazione" e gli scenari dell'opera è senza dubbio "Lozin' must": ritmiche potenti con la batteria di Frederik Larsson che sovrasta tutto, refrain athemico, cori e indimenticabile assolo al fulmicotone splendido. Elementi simili li troviamo pure nell'opener "Puzzle"e in "Boring planet", una sorta di scheggia impazzita con le chitarre vivaci come non mai. Tra i pezzi migliori "Tweny two" davvero godibile e velocissima e "Trendy winds" aperta da una piacevole intro di basso, che  prende subito quota concretizzandosi nell'ottimo assolo. Per il sottoscritto insieme a "Biftek supernova" forse la più bella che il gruppo abbia mai composto. Da segnalare pure la più melodica "Otis" e il pezzo più arrabbiato del platter ovvero "Lights out", da cardiopalma qui il giro di basso che sale sovrastando le chitarre sui ritornelli. Riff di estrazione quasi rock 'n' roll sorreggono invece "Black gold". A spezzare i ritmi alti del disco e a rilassare un po' ci pensano due canzoni ska-core ben fatte come la goliardica, festosa e piena di cori "Monkey boogie" e "Entrance at rudebrook, con un riffing dal retrogusto spagnoleggiante.

Come dire... anche il loro modo di suonare ska-punk rispetto al  passato si è evoluto abbandonando le trombe e il sax e mettendoci un pizzico di velocità al cubo.

Uno dei punti di forza del cd è sicuramente l'inserimento di bellissimi cori e assoli sparsi tra i pezzi. Ottima la produzione che mette decisamente in risalto la buona prova dietro le pelli di Larzon, che dà ai componimenti un suono quadrato e ruvido al tempo stesso. Da menzionare pure la splendida voce di Nikola Sarkevic, a mio parere una delle più belle del genere che dà quel tocco in più al tutto.

Il disco è uno di quelli, che una volta sentito due volte al massimo, poi fatica ad uscire dal mp3 o dallo stereo di turno. E fortuna, aggiungo io, che i quattro hanno dichiarato all'epoca di averlo dovuto registrare di fretta e furia in pochissimi giorni. C'è poco da fare, questo disco rappresenta uno dei picchi toccati dall'hardcore new school (se non il picco) nei '90, album ben più osannati come "Hoss" e "Punk In Drublic" non arrivano proprio ai livelli toccati da "For Monkeys".

 Da avere assolutamente per i tutti fan del gruppo e del genere, un disco che ancora a distanza di anni si farà apprezzare da molti. Nel suo genere senza dubbio un capolavoro.

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