Ammettiamolo subito via, la Svezia, ma diciamo pure la Scandinavia non è certo la patria del genere punk & hardcore. Quanti di voi hanno mai sentito parlare o ascoltato dischi di Misconduct, Satanic Surfers e Vanarea? Piuttosto è chiaramente la patria del metal, e in particolare del death melodico made in Swedish, del power finnico e il black norvegese. Avanti, cosa mettete nella macchina a manetta Take This Life, The Siren o "Friend 'Till The End" (chiiii?? cosaaa? Come direbbe il buon Mosca).
Dopo il buon debut album "Same Old Tunes" che aveva permesso al gruppo di farsi conoscere e scalare le classifiche nella loro madrepatria, la Svezia, ci riprovano a solo un anno di distanza con "Life On a Plate". Sebbene il sottoscritto lo ritenga due spanne sotto gli ottimi due successivi dischi, questo full-lenght nonostante non porti eccessive novità all'ascoltare, si può dire essere un punto netto di svolta, si, ma a livello strategico. Si un punto di svolta deciso nella loro carriera, che naturalmente può essere affermato a distanza di anni. Infatti con questo disco i Millencolin cominciano a farsi conoscere fuori dalla Svezia, ottenendo i primi barlumi di successo.
Da cosa viene cosa, che la loro fama arriva fino negli States, tant'è che Brett Gurewitz (lo conoscete no?) proprietario della Epitath li nota e propone al gruppo un contratto, per pubblicare il loro album anche sul mercato americano. E così sarà.
Fatto degno di nota e su cui riflettere e proprio il fatto che siano stati i Millencolin il primo gruppo non americano a firmare un contratto con questa etichetta. Sebbene la loro etichetta madre rimanga la Burning Heart record che si occupa del mercato europeo, sarà la Epitath a distribuire da ora (1996) in poi i loro dischi nel mercato a stelle strisce. Sarà un caso, ma tutto questo avrebbe portato qualche anno più tardi alla creazione di una pietra miliare del hc melodico anni '90 prima e di un altro gran disco più melodico a seguire.
Ma lasciando perdere tutte queste discussioni teoriche, che interesseranno ai pochi, passiamo ai fatti parlando un po' del disco.
14 canzoni (13 se si esclude la traccia "Ace Frehley" un urlo giusto per riempire cinque secondi di spazio!) che svariano tra hc di derivazione melodica come da miglior tradizione Californiana e in minor parte ska e punk.
I pezzi più interessanti sono "Buzzer" vero anthem da pogo dal ritmo frenetico e con un ritornello già da canticchiare al primo ascolto (da notare una seconda versione del pezzo ovvero "Buzzer long version" inserita come b-side nel singolo di No Cigar, in cui in pratica viene leggermente allungata dalla prima versione), "Replay" e "Dr. Jackal & Mr. Hide". Più melodiche in questo senso il singolo "Move Your Car" e la buona "Story Of My Life" dove ci sono le trombe e le influenze ska di cui parlavo prima. Gli altri pezzi ricalcano questo copione come la veloce opener "Bullion" o "Olympic" e "Friend ?till the end".
Ad un ascolto più attento tuttavia si nota qualche dettaglio che differenzia il disco dal precedente. Ovvero una diminuzione degli inserti ska e minor uso delle trombe che in passato. E soprattutto si sente che manca parte di quella rabbia che andrà a fare di "For Monkeys" un classico della band.
Per finire è consigliato l'ascolto agli amanti delle sonorità illustrate, tuttavia se non si conoscono bisogna partire dai successivi due lp. Sia chiaro che non sono gli In Flames né i Nightwish, quindi dimenticatevi vocioni growl, orchestre e assoli chilometrici. Do you care about now?
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