E' uno sporco mestiere ma qualcuno lo deve pur fare. E' uscito da un paio di mesi il disco di due monumenti della canzone italiana e nessuno su debaser si degna di scrivere uno straccio di recensione. I presupposti poi, anche per chi avesse voluto scrivere una stroncatura, c'erano e ci sono tutti: i due veleggiano verso gli ottant'anni, ma di pensione neanche a parlarne? Pubblicano questo nuovo lavoro, lo pubblicizzano gratuitamente sulla Rai e restano a casa ad ascoltarsi come semplici spettatori. Poi quella copertina, un plagio evidente, se si può dire così per una cover. E infine, ma non di poca rilevanza, quella sensazione di déjà-vu e l'album con i paperi in copertina che ti sovviene al primo ascolto. Al primo ascolto, appunto.

Ma tu (e parlo a me stesso) ascolti Celentano da quando eri in fasce e hai apprezzato Mina con gli anni e sai che per quanto i fatti sopracitati ti spingano alla critica severa, devi ascoltare il disco più volte, ma neanche tante, e cercare di essere obiettivo.

Uno stuolo molto eterogeno di autori, vecchi e nuovi, ha scritto undici canzoni di notevole qualità e come se non bastasse il loro eccezionale e incontestabile punto di forza, la classe interpretativa, la produzione è stata affidata a professionisti di grande esperienza come Pino Pischetola e Celso Valli che hanno valorizzato anche i momenti più deboli dei brani. Il risultato è un album godibile per l'intera durata, con alcuni momenti di vera grazia, per i quali mi corre l'obbligo di rendervi partecipi.

Per troncare da subito gli indugi vi dico che il secondo singolo Ad un passo da te è di certo quello di maggior presa, complice un inciso di Mina davvero irresistibile e sostenuto dall'introduzione di Celentano, che sembra ritagliata in modo quasi sartoriale sul suo stile. La ascolteremo in questi mesi e nei prossimi anni fra feste di piazza e karaoke.

Ma il vero gioiellino è Sono le tre, brano sul quale gli ottimi arrangiatori hanno fatto un passo indietro lasciando il campo al vero miracolo di questo disco: due persone anziane che cantano meglio del 99% dei loro colleghi. Se non mi credete ascoltate la prima strofa affidata a Mina e non storcete il naso per il testo eccessivamente romantico, ma concentratevi su chiarezza e intensità dell'interpretazione.

Scorrendo la scaletta dei brani chi avesse familiarità con il rap sobbalzerebbe nel leggere l'autore di Se mi ami davvero. Mondo Marcio, al secolo Gian Marco Marcello, ha scritto un pezzo perfettamente a metà strada fra il suo mondo e quello dei due artisti; non a caso la dodicesima e unica traccia non inedita è una rivisitazione di Prisencolinensinainciusol, vera e propria esperienza antesignana (1972) del genere a firma del molleggiato. Infine la rodatissima Amami Amami, col suo incedere a tempo di tango, è da annoverare fra i quei pezzi che destano meraviglia per la semplicità dell'idea melodica che ne è alla base.

Non viviamo in anni particolarmente ricchi di pietre miliari della discografia e di sicuro è sempre stato difficile per i contemporanei esprimersi sulla longevità di un disco, tuttavia l'ascolto di questo album mi spinge a qualche riflessione. Mina rimane l'unica cantante autorizzata ad urlare e non me ne voglia la folta schiera di neo urlatrici della scuola della De Filippi. Celentano, classe 1938, può ancora interpretare un brano forte, per testo e musica, mantenendo intatta la sua credibilità (Il bambino col fucile). E per concludere una considerazione meno scontata: in questi giorni i miei ascolti sono focalizzati sul nuovo dei Baustelle e questo, bellissimi ma entrambi poco originali, in quanto il primo pecca di eccessivo citazionismo e il secondo di sporadico autocitazionismo. Al momento però questi due approcci mi sembrano gli unici possibili, nell'attesa di una generazione di musicisti capace di rompere gli schemi imposti dai giganti sulle cui spalle sono seduti.

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