Le Mind of Asian sono quattro ragazze di Tokyo, autrici di un hardcore con forti influenze crust/fastcore (e rarissimi accenni alla tradizione musicale giapponese). Dopo un paio di partecipazioni a compilation e la pubblicazione, nel 2003, di un breve EP, giungono all'esordio sulla - relativamente - lunga distanza con questo "Chinmoku no kiri no naka", uscito nel maggio 2006.
Le dieci tracce contenute nell'album rispettano essenzialmente i dettami del genere, con un cantato sopra le righe e a tratti quasi sguaiato, ritmi sempre sostenuti e chitarre distorte e potenti. Le quattro giapponesi si discostano però da altre proposte simili per una spiccata predilezione per la melodia, pur celata dalle caratteristiche appena elencate.
Fin dal primo ascolto ogni pezzo mostra quindi una sua ben precisa personalità, risultando facilmente memorizzabile anche all'ascoltatore distratto e rifuggendo il rischio di sembrare una semplice scheggia impazzita tra le altre. Tale rischio è effettivamente presente, vista anche la durata media dei brani (il disco dura in tutto meno di 11 minuti) eppure è evidente, da parte delle musiciste, una riuscita ricerca nella costruzione degli stessi.
Troviamo così pezzi come ‘No Rain, no Rainbow' che riesce a condensare in poco più di un minuto la tradizionale forma-canzone con tanto di accenno di assolo (due secondi!), ‘Seifumeigetsu' con la sua alternanza coro-voce solista, o la notevole ‘I feel the Earth move' dal cantato inaspettatamente intelligibile e un riff quasi alla Melt Banana.
Nota di merito anche per la scelta, rara fra i gruppi nipponici, di utilizzare la lingua madre, anche se questo purtroppo comporta allo stesso tempo l'impossibilità, per i più, di percepire il peculiare contrasto tra la violenza sonora della musica e la delicatezza "naturalistica" e tutta giapponese di alcuni brani (‘Ame ni mo makezu', la già citata ‘Seifumeigetsu', ‘Aoi shima').
Semplice ma funzionale la produzione (vicina al probabile suono live del gruppo) e gradevoli pur se spartane le grafiche, dove ritroviamo il succitato contrasto, questa volta nella contrapposizione tra i colori tenui dell'illustrazione di copertina e i testi, scritti con grafia approssimativa e talvolta di difficile decifrazione.
L'unica pecca evidente del disco consiste nella durata; sarebbe stato apprezzabile un maggior numero di brani, senza incidere quindi sulla struttura delle singole canzoni. Ciononostante l'opera risulta godibile anche al di fuori della ristretta cerchia di fan del genere, ottimo esempio di come, a differenza di quanto taluni ritengono, melodia ed estremismo sonoro non sempre siano concetti antitetici.
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