La prima cosa che mi viene in mente, guardando la copertina di questo disco insieme all'arietta melmosa che musicalmente tira fuori, è la beffa del ritrovamento nel 1984 di tre sculture di Modigliani nei canali di Livorno.

Che furono certificate autentiche da eminenti professoroni d'arte ma che erano state fatte lì per lì da tre studenti universitari (una) e da un artista del posto (due), dinamitardi nello scoperchiare un sensazionalismo di un'eccezionalità che si basava su un "aspetta e spera" di arte vacanziera del '900, appoggiata istituzionalmente nel raschiare il barile, per continuare a tutti i costi la perseveranza di portare la "pagnotta" a casa senza colpo ferire, con un "giuro giurello" che quelle teste erano autentiche, portato avanti a spada tratta dai patentati "intelligentoni" financo dopo il goliardico sputtanamento pubblico dei mascalzoncelli Amedeo emuli: le maschere erano farlocche.

Lo scherzo evidenziava come si potevano condizionare le convinzioni della gente attraverso un'ipnotizzazione mediatica, vecchie e solite storie che aimé continuano tutt'ora a funzionare alla stragrande.

Il disco invece non è uno scherzo e per tutta la sua durata "il Re è nudo", e le sue maschere funerarie veridicizzano al meglio quanto poi la musica scoperchia sui sussurratori psichici che ingannano la nostra vita istillandoci pensieri non nostri che ci allontanano dalla retta via e ci fanno credere a contraffazioni palesi rispetto a l'originale, cioè a quell'opera d'arte che noi tutti siamo, occultata da menzogne egoiche che ci raccontiamo compiacenti.

Etichetta Subterranean Records, ovvero underground (quello vero) assicurato, che con una spazzata mortifera fatta catalogo si presenta in questo caso dinamica e camuffata da un suono torbido ma attraente nelle sue fluide sabbie mobili, dove la California è la carta vetrata che scortica le speranze di una salvazione che a noi fa comodo credere che passi da manifestare buoni sentimenti di facciata ma che non fanno altro che nutrire dualità.

Non c'è pericolo di incontrare copie contraffatte in questo percorso musicale dove, "from San Francisco", il factotum Patrick Miller ci guida (nel 1981) seccamente in un viaggio curioso e pericoloso allo stesso tempo, perché il manrovescio occulto arriva all'improvviso dopo, con un mischione efficace di experimental dark industrial post-punk.

La paralisi di porgere l'altra guancia è l'unico passepartout per aprire a quelle visioni inaccettabili, dove si constata la presenza di una comunicazione orrorifica non nota, dove i fantasmi non hanno lenzuola, dove i vampiri non succhiano il sangue, dove i mostri sono gentili e di bella presenza ma ti fanno venire comunque il mal di stomaco.

Il tutto è condito dunque da un'atmosfera vividamente asettica, di un bianco sparato, che ci fa stare sul "chi va là" di un approccio trasversale sulla realtà che ci circonda non utilizzando il riflesso dello specchio, dove si gioca di sponda su scintille che scoperchiano inganni che ci circondano, e provano a temprarci in cambi repentini di temperatura che allenano ad un attrito scomodo e accelerato di qualche brandello di invisibile che ci circonda.

Voi che fegato avete per provare a guardare e toccare?

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