Come mia prima recensione su DeBaser ho scelto un disco che mi ha segnato profondamente a livello emotivo per diversi motivi. Le mie recensioni sono lunghe, quindi avviso subito, se volete la recensione telegrafica è: album meraviglioso ma di certo non per tutti. Ora passo a descrivere invece nei particolare che cos'ha di speciale questo disco.

"Dark Side Of The Spoon" nasce per i Ministry in un periodo, 1997/8 (e pubblicato nel 1999) di profonda depressione per i due mastermind del progetto (ovvero il singer e chitarrista Al Jourgensen e il leggendario bassista e programmer Paul Barker, vero perno del songwriting dei Ministry del periodo 1988-2003): la svolta sludge/metal di un disco meraviglioso ma rifiutato dai fans come "Filth Pig" ed un tour estenuante ha lasciato entrambi sfiniti ed in balia della dipendenza da sostanze stupefacenti come eroina, alcool e cocaina. Aggiungete la scomparsa nel 1997 di due figure della controcultura care ai Ministry anche a livello personale, quali quella del leggendario scrittore William S. Burroughs (che aveva recitato per lo splendido singolo di "Just One Fix" ai tempi di psalm 69), e quella nel 1996 del guru dell'LSD Timothy leary (che aveva addirittura partecipato in un album dei Revolting Cocks), ai quali il disco è dedicato, aggiungeteci la bravura del batterista Ray Washam (che prima suonò con gli Scratch Acid, ed in seguito con i ruvidi Rapeman di Steve Albini) ed un songwriting a cui non importa davvero nulla del suonare "mainstream" o "radio friendly" (così come la produzione, anche se il brano "Bad Blood" finirà nella soundtrack di "Matrix"), ed un abbondante dose di bile con uno spruzzo di ironia nera, oltre ai già citati ingredienti, ed avrete un disco che invece di rompere le ossa (prerogativa dei Ministry di sempre)... vi romperà lo stomaco ed un pò anche il cuore.

Si parte con "Supermanic Soul", industrial metal dei più semplici ed accattivanti, ma già dalla successiva "Whip And Chain" l'atmosfera si stratifica, le tastiere tornano presenti nel suono Ministryano e la batteria imbastardisce il cantato filtrato di Jourgensen. "Bad Blood", come detto, è un singolo per dare respiro e che servì ai Ministry a non chiudere battenti in questo periodo, mentre la successiva "Eureka Pile" è la prima sorpresa graditissima del disco: sezione ritmica incredibile, dove il basso di Barker e la batteria di Washam macinano note ipnotiche con uno sfondo fatto di campionamenti mediorientali mentre un cinico Jourgensen canta con un tono alla "Stigmata" (ovvero non urlato, più canzonatorio e strafottente), per minuti e minuti questa canzone diventa una vera e propria descrizione musicale di un trip. Trip che passa con la comico/tragica "Step": un pò di jazz e swing uniti al suono industriale dei Ministry e a delle lyrics di Jourgensen mai così comiche, nonostante tutto ("Vorrei solo ringraziare/Tutti i miei favolosi fans/Per essermi stati fedeli durante questi momenti travagliati/Vi amo tutti, davvero tanto/Desidererei portarvi tutti al Betty Ford Center con me!!!") - godibile, il giusto respiro tra due rocce di forma strana e straniante come la appena trascorsa "Eureka Pile" e la seguente traccia 6, "Nursing Home": samples di sassofono maltrattati su un'altra base da 10 stelle creata da Barker e Washam, con Jourgensen che continua a declamare nel suo stesso tono delle canzoni precedenti, senza urlare, ma chiarendo, polemizzando, esorcizzando a modo suo la merda che si sentiva dentro. Un brano difficile se non si amano le sfide e vi basta l'industrial metal di KMFDM (quello intendo fatto da Konietzko senza Esch e Watts, ché sennò é un altro paio di maniche)... difficile da digerire per quanto possa suonare "divertente", in realtà i Ministry ammetteranno di aver registrato il disco in condizioni di umore miserabile, e se si guarda sotto il sorriso sardonico, lo si vede chiaramente.

I Ministry "classici" ritornano con la cupa e triste "Kaif": basso e chitarra schiacciaossa, band loud ed in pieno spolvero per un lento notturno ed arrabbiato, con uno Jourgensen raramente così espressivo. "Vex & Siolence" passa il microfono invece a Paul Barker, principale autore del brano, che con il suo fare cerebrale suona heavy ma ancora, come nelle tracce precedenti, sin troppo cerebrali forse, per poter risultare godibile solo per un ascolto leggero dell'album. E così è l'ultima traccia "10/10", strumentale con sax torturati e band in background. In definitiva, alla fine del viaggio, questo disco, paradossalmente creato da una band di industrial metal (e che quindi per molti dovrebbe suonare solo "cattivo"), è in realtà legato ad una concezione molto più cerebrale del suono e del songwriting: richiede impegno da parte dell'ascoltatore, sia per i testi che per la produzione, passando per le elucubrazioni o paranoie espresse nelle liriche o nella ripetizione ossessiva di un riff fino allo sfinimento fisico. Un disco meraviglioso, più profondo di quello che mostra in apparenza: una perla sottovalutatissima, ed unica nel mondo dei Ministry: dategli una chance.

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