23 settembre 1983 "Last Song" mette la parola fine sulla più grande esperienza hardcore mai esistita.

La furia cieca degli inizi era scemata con il crescere dei rudimenti tecnici e dell'esperienza dei 4 ragazzi di Washington D.C., portandoli sempre più frequentemente a scontri intestini sulla direzione musicale che avrebbe dovuto seguire il progetto Minor Threat.

Due anni incredibili ed una manciata di canzoni, per cui la parola epocali è qui doverosa, li avevano portati al centro dell'attenzione della cultura della musica estrema. Un primo periodo di pausa, dovuto agli impegni universitari del chitarrista Lyle Preslar aveva rafforzato la band, tanto da farla arrivare a produrre persino un LP ("Out Of Step", Dischord Records 1982). Ma questo purtroppo non bastava più, soprattutto all'allora ventunenne Ian Thomas Garner MacKaye, il quale dopo aver più o meno inconsapevolmente dato il via al movimento Straight Edge ed aver dovuto combattere contro le accuse di razzismo per la sua colpevolezza di essere bianco, era oramai giunto al capolinea artistico di quella esperienza e nella sua testa erano già chiarissime le direzioni future che l'hardcore avrebbe intrapreso.

Embrace, Egg Hunt e Pailhead erano solo i gradini intermedi all'ascesa verso il puro genio dei Fugazi. Nessuno di loro rimase con le mani in mano, Preslar fondò i Samhain insieme a Glenn Danzig (fresco esule dai Misfits), salvo poi andarsene e nel tempo fondare la Caroline Records e laurearsi in giurisprudenza. Jeff Nelson (co-fondatore della Dischord Records) diede vita alla band post-hardcore Three ed all'etichetta musicale Adult Swim Records (distribuita dalla casa-madre Dischord) ed attualmente vive a Toledo (Ohio) come designer grafico ed attivista politico. Brian Baker lascia il basso per la sei corde che metterà negli anni al sevizio di Junkyard, Meatmen, Dag Nasty, Government Issue e Bad Religion. Insomma, una vera e propria fucina di talenti.

Ma siamo di nuovo a quel 23 settembre 1983.

L'ultima esibizione dal vivo dei Minor Threat si chiude con l'inedito "Last Song", che come detto mettendo il punto sulla loro storia. Un paio di anni dopo, con i 4 protagonisti già immersi nei loro nuovi progetti, Nelson e MacKaye decidono di dare un nuovo senso alla parola fine e rilasciano per Dischord l'EP "Salad Days", con i tre brani incisi nelle ultime sessioni di registrazione e lasciati addormentati nei cassetti. "Last Song" ribattezzata "Salad Days" (dove per "Salad Days" si intendono gli anni della gioventù, un po' spensierati ed un po' incoscienti, così come Shakespeare li definì nel suo "Antonio E Cleopatra" del 1606) per questo omonimo e postumo disco è la pura sensazione di profonda e malinconica rabbia, una sensazione di inevitabile presa di coscienza sul passare del tempo "Look at us today, We've gotten soft and fat, Waiting for the moment, It's just no coming back" costruita sui "vecchi" e veloci canoni antemici hardcore, ma giocata su soluzioni nuovissime e profondamente antesignane di ciò che sarà la scena post-hardcore di qualche anno più giovane.

Strutture complesse e ricerca sonora fanno di "Salad Days" e "Stumped" la scuola su cui lo stesso MacKaye si ritroverà qualche anno più tardi a studiare. "Good Guys Don't Wear White" è puro divertissement, dove l'originale brano del gruppo garage-beat degli Standells serve a Ian per sdrammatizzare le polemiche furiose seguite all'uscita di "Guilty, Of Being White", molto probabilmente.

Certo questa avrebbe potuto essere la nuova ennesima ripartenza dei Minor Threat o forse è meglio che sia stato il vero capolinea (nato "morto"), certo è che questi quattro giovani di Washington D.C. rimarranno per sempre insieme, splendidamente incompiuti.

 

"Wishing for the days

When I first wore this suite

Baby has grown older,

It's no longer cute

Too many voices

They've made me mute

Baby has grown ugly,

It's no longer cute

 

But I stay on, I stay on

Where do I get off?"

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