Sul fronte del palco sono in tre: tre fanciulle magre e pallide.
I capelli lunghi coprono i volti, sventolano come mossi da un vento soprannaturale.
La testa bassa, si muovono in una danza lenta, avvinghiate ai loro strumenti: due violini e una viola.
Alle loro spalle, defilato, un batterista che suona come quelli che davano il tempo ai rematori sulle navi dell'antica Roma. Una pulsazione primordiale.
In un angolo, un chitarrista con tendenze noise strazia le corde con un cacciavite creando uno stridìo infernale.

Dal vivo le Miranda Sex Garden somigliavano molto, se mi passate l'iperbole, all'eruzione del Krakatoa.
Le vidi di supporto ai Depeche Mode nel "Devotional tour" e, per quanto ami Martin e compagni, di quella sera mi ricordo soprattutto quelle tre indemoniate che con i loro violini sembravano evocare divinità non del tutto sane di mente.
Quella notte, in un palasport dalla pessima acustica, pigiata in una folla aromatizzata all'hashish, ho sentito per la prima e unica volta la musica di Erich Zann immaginata da Lovecraft. Specie il finale, un sabba di più di dieci minuti che cresceva, cresceva, cresceva con violini vorticanti, distorsioni folli, un ritmo ipnotico e sempre più potente. Va da sè che il giorno dopo setacciai tutti i negozi di dischi della zona.

"Suspiria", titolo che omaggia in modo evidente Dario Argento, è del 1993. Si tratta del loro terzo lavoro, il più a fuoco. Le Miranda Sex Garden provengono evidentemente da territori spettrali ed eterei non lontani dal mondo di Dead Can Dance, Cocteau Twins e 3rd And The Mortal, ma al clima medieval-esoterico aggiungono un "wall of sound" di chitarre disturbate e ritmiche possenti che li porta a somigliare, alla fine, solamente a se stesse. L'intarsio delle voci e degli archi è preciso e impressionante, con una particolare agilità nell'inerpicarsi in ripidi e improvvisi crescendo.

Tra i brani più azzeccati, l'arcaica "Ardera sempre", la vertiginosa "Open eyes", una disturbante e tenebrosa versione di "My funny Valentine".
Ma il brano che vale il disco, proprio quello che chiudeva il concerto di cui vi ho parlato prima, è lo strumentale "Inferno" (gli doveva piacere proprio tanto, il nostro Dario...). Una colata lavica di suoni, un vortice di violini isterici in cui perdersi a occhi chiusi immaginando di precipitare sempre più velocemente in antri oscuri, giù fino al cuore ardente della Terra. Più che una canzone, un'esperienza sensoriale.

Con un disco del genere all'attivo e la notorietà derivata dal tour con i ragazzi di Basildon, il giardino del sesso di Miranda sembrava davvero una grande promessa, ma non andò così. Purtroppo il disco successivo, "Fairytale of Slavery", con atmosfere fetish e qualche buona idea ma confuso e velleitario, non replicò il miracolo. Le Tre Madri ripiombarono così nell'oblio, lasciandoci questo gioiellino sensuale, cesellato e magico, di altissima fattura.

Consigliato per: feste pagane in radure illuminate dalla luna, raduni Wicca in boschi secolari, orge rituali in costume adamitico.

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