Un giorno come tanti. Noia.

Ci si butta nella musica.

Un disco come pochi.

A dirla tutta "Mirrorsoil", l'esordio discografico della band non faceva ben sperare per il futuro, tutt'altro. Quello era un disco banale di doom classico, di quelli che si ascoltano senza lasciare traccia. La svolta arrivò con "Foregone" il secondo disco del combo tedesco che vide il cambio dietro il microfono: via Mark Baumhauer e dentro Michael Siffermann, sicuramente più adatto del suo predecessore. "Foregone" diede inizio alla nuova "era" dei Mirror of Deception: vennero abbandonate le atmosfere ottantiane dell'album d'esordio per lasciare posto ad un sound più corposo e allo stesso tempo più intimista.

La degna prosecuzione di "Foregone" è rappresentata da "Shards", uscito sotto l'egida della Cyclone Empire nel 2006. I "cocci" del titolo sono riferiti ai cocci della vita, tutti quei problemi di vario genere che affliggono l'uomo durante il suo cammino. In piena tradizione doom aspettatevi quindi testi di questo tipo, incentrati sulla riflessione della condizione umana, della sua fragilità. I sentimenti vengono messi a nudo e cantati attraverso uno stile che molti hanno catalogato come "tradizionale" ma che invece risulta alquanto vario: il suono delle chitarre di Michael Siffermann e di Jochen Fopp (il creatore del festival "Doom shall rise") passa con disinvoltura da partiture prettamente doom/heavy in stile Candlemass a inserzioni che hanno il sapore del thrash, mentre non mancano i momenti ricchi di pathos, così che fa capolino anche l'epic/doom metal.

La sintesi di queste caratteristiche la si puà ritrovare fin dall'iniziale "Haunted", lucente gemma di doom metal classico. Ritmo sostenuto e senza fronzoli che lascia il posto ad arpeggi chitarristici soltanto nel finale. Incipit dal sapore stoner rock per "Ghost" che poi si evolve articolandosi su ritmi sabbathiani decisamente più pesanti (chi ha detto N.I.B)? In questo modo i Mirror of Deception sembrano averci detto tutto. Appare scontato che da un momento all'altro tutto quanto di positivo si è ascoltato cada nel più banale metal. Invece "The eruption" ci sottolinea di nuovo, se ancora ce ne fosse bisogno, che la band ha assimilato l'esperienza necessaria per produrre album degni di nota. Non siamo più di fronte al doom scarno di "Mirrorsoil" ma il tiro generale del sound si è raffinato, diventando sempre più "classic". Se proprio volete altri titoli che volteggiano sotto l'ala della positività eccovi "Dead pledge", "The capital new" e "Frozen fortune", che ribadiscono la bontà del platter, reso affascinante esteticamente anche dalla bella realizzazione della copertina.

"Shards" è un contenitore pieno di quello che il doom ha elaborato e fatto ascoltare da circa quarant'anni a questa parte. La band tedesca rielabora il genere con una proposta che prende inevitabilmente spunto dai maestri (Black Sabbath e Candlemass in primis) per giungere con semplicità compositiva ad un'originalità che dopo gli inizi era quantomeno cosa inaspettata. La dimostrazione che partendo dal passato si può trovare la formula anche per il futuro, purchè il tutto sia rivisitato attenendosi al binomio classico/modernità.

1. "Haunted" (5:42)
2. "Ghost" (5:34)
3. "Swamped" (5:01)
4. "The Eruption" (5:41)
5. "Insomnia" (5:53)
6. "Dead Pledge" (5:47)
7. "The Capital New" (5:48)
8. "Pyre" (5:48)
9. "Frozen Fortune" (6:33)
10. "Enigma" (3:42)

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