Li avevamo conosciuti nei primi 2000 che facevano un ibrido techno/electro molto sperimentale, grezzo, sporco e con una vaga attitudine punk, per certi versi accostabile dunque a quel decerebrato che è Marco Haas. Ora è ovvio che affiancando queste due paroline, techno/electro, non puoi che pensare ad una cosa: BPitch, l'etichetta che più di tutte negli ultimi tempi ha fatto convivere questi due generi, sebbene, a mio avviso, spesso con dubbi risultati.
La direzione intrapresa da Gernot Bronsert e Sebastian Szary a millennio già inoltrato è invece differente, sparite quasi del tutto le derivazioni techno, l'electro è invece presente più che mai, in forme di scazzo già ampiamente palpabili non solo dalla geniale copertina, ma anche, e soprattutto, dall'inaspettata presenza di un determinato personaggio chiave, qui tra gli altri prestigiosi featuring, uno che fa a pugni letteralmente col nobile aggettivo 'prestigioso', il ritardato dell'elettronica per eccellenza, la demenza fatta musica: signori e signore, il re: OTTO VON SCHIRACH. Ma c'è anche colui a cui Gillette deve almeno il buon 80 % del proprio fatturato: THOM YORKE.
Dunque come diavolo possono convivere quel folle geniaccio vomitevole malato e schifoso di Otto con quella personcina così a modo, cosi introversa e sensibile che è il leader dei Radiohead, per giunta in un etichetta quale la tedesca BPitch Control, spesso farcita di ambigue pose intellettualoidi? Non è nient'altro che la fotografia di questo "Happy Birthday", (follow-up del già ottimo debutto "Hello-Mom!) un disco a due facce, un disco che è l'esatta linea che separa quello che viene definito "impegno" e quello che invece è, appunto, "scazzo". Troviamo roba studiata, ben fatta, mentale, seriosa, una di quelle robe concettuali che ti aspetteresti da un Jeff Mills, e poi pezzi demenziali, balletti decerebrati, inni per tutti i cazzoni che popolano questa terra; musicalmente, nei pezzi più malati, l'influenza primaria è sicuramente l'hip-hop, andando spesso a parare verso territori più 'southern' (crunk, ghetto, miami bass e tamarrate assortite) e dunque sub-bassi esagerati, 808 a manetta pur senza mai cadere nei lati più mainstream degli stessi, mentre negli episodi più impegnati la citazione ai vari big dell'IDM inglese è chiarissima.
E poi c'è LUI, Otto Von Schirach, o quanto rimane ormai del suo cervello completamente spappolato. OTTO mette mani e voce su un pezzo che è cabaret elettronico, è il solito delirio suonato da colui che è portatore dell'insanità mentale fatta musica, si tratta della clamorosa "Hyper Hyper" (cover del celebre quanto banale pezzo del gruppo pop-dance Scooter, qui in una versione perculeggiante): il pazzo, il demente, la larva umana, piazza un vocal malato, uno pseudo sentenziare (stile intro hip hop) devastato da glitch di ogni tipo, che preannuncia un intro delle sue, con un battito techno, seguito da un altro hip hop, dove un altro suo vocal (che vomita bass bass drum bass bass bass drum drum) sostituisce l'inesistente beat imitato (il bass + drum appunto); poi se ne esce col suo miami bass porno-gangsta, che si trasforma poi in una specie di dubstep con riff trance ma con rumorismi spastici alla sua, intermezzo acid con ritmiche gabber vecchia scuola ma con la 303 settate stile acid house ma con percussioni minimal techno che però fungono da scratch tipo turntablism...e insomma cazzo: ecco cosa succede ad invitare Otto in studio, un tritacarne inarrestabile.
E se gli altri due non sono poi così tanto normali è ovvio che viene un pezzo da paura, come da paura sono "Godspeed" (ancora un ottimo mix di sonorità hip hop e electro), "Happy Birthday" (influenze gitane?!), "2000007" (il francese TTC spara un rap cazzutissimo su di un beat electro-hop non da meno), "EM Ocean" (dove i due dispiegano un tappeto ambient, tenue, delicato, ultraterreno, che viene poi brutalmente ridicolizzato da colpi di tosse, 303 impazzite, rutti e distorsione random).
E' un brano che ricorda comunque che i due, quando vogliono, sanno anche prendersi sul serio, ad esempio nell'idm/electro di "B.M.I." (che ricorda la paranoia dissonante degli Autechre di "Confield") o le melodie sognanti di "The First Rebirth" (che riprende il riff dell'omonimo classicone targato Jones & Stephenson), il pezzo a quattro mani con l'amico Apparat ("Let Your Love Grow", preannuncio del futuro aka Moderat), le ingenue melodie di "Edgar" e le influenze dubstep di "The White Flash" (con una solida base di micropercussioni e glitchettini, che sono territorio perfetto per far posare i vocal - riverberatissimi, eterei e lontani - di un Thom Yorke disumano.
E poi ci sono i treni techno-electro, che ci ricordano che questo è pur sempre un disco della BPitch, e quindi "Sucker Pin", "The Black Block" (spaccano, senza mezzi termini) e la tamarrissima crunk di "The Dark Side Of The Sun". Per il resto, che dire, Otto Von Schirach ha posato le sue mani sporche di merda su questo disco.
Dunque, fatelo vostro.
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