Modwheelmood è il progetto del polistrumentista italiano Alessandro Cortini. La parola nasce dal connubio di "Modwheel", che è un controllo sulla maggior parte dei sintetizzatori che permette di variare un parametro positivamente o negativamente, e "Mood" ossia stato d'animo.

La storia del ragazzo sembra uscita da un libro di fiabe dei fratelli Grimm. Il nostro nasce a Parma nel '76, vive e studia a Bologna, nel 99 si trasferisce a Los Angeles dove ancora oggi risiede e compone. Alessandro si trasferisce in L.A. principalmente per approfondire i suoi studi e diplomarsi in chitarra, ma dalle interviste risulta che più scale provi col metronomo e più gli torni la nostalgia delle tastiere del pianoforte e dell'arte del canto in cui è maestro. Suona le tastiere nei locali underground di L.A. con i Mayfieldfour per sbarcare il lunario e di tanto in tanto torna in Italia dove ha pure il tempo di comporre un brano per i Jetlag insieme a Livio Magnini (Bluvertigo). Conosce in California il chitarrista svedese Pelle Hillstrom, con il quale fonda il primo embrione del suo progetto, chiamato "Gift". Il duo compone nel 2003 il primo Ep intitolato semplicemente "?". 6 pezzi ancora un po' "grezzi" e un po' troppo pop-rock americano stile "mi faccio la route 66 scapottato e col gomito fuori", ma che ne fanno intuire il potenziale. Buone le melodie e ottimo il canto, esaltato dall'assenza di basso e batteria classica. Alessandro scrive, mixa, suona synth, tastiere, drum&base, chitarre classiche, canta e produce i suoi pezzi. Pelle ci mette una buona chitarra elettrica, una buona voce e quel tocco inconfondibilmente nordico nel "mood" dei pezzi.

Nel 2005 "Ale" risponde ad una richiesta di audizione e si ritrova a fare il "casting" con Trent Reznor. Nel 2005 entra a far parte dei "Nine Inch Nails" ufficialmente come tastierista, ma spesso in tour si presta anche a suonare la seconda chitarra e a fare da backing vocalist. Parte così per il tour mondiale di "With teeth" ed il primo aprile del 2006 i nostri sguardi si incrociano a Milano durante la tappa italiana. Chiedo: "ma chi è il fenomeno alle tastiere?" Risposta: "boh"? Mi informo tornato a casa e il fatto di scoprirlo italiano stuzzica la mia curiosità, e oggi quindi vi racconto che... l'ho seguito con interesse il ragazzo. Inizio ad ascoltarlo free su "My Space", compro i suoi pezzi su "I Tunes". In quanto a gusti ci siamo, e la conferma l'ho avuta con l'uscita del secondo Ep "Enemies & Immigrants" (aprile 2007, copertina con disegno dell'orologio della stazione di Bologna bloccato sull'ora dell'attentato delle B.R.) che si apre con la bellissima "Things will change", il cui testo è un'allusione alla strage, e che tanto mi riporta alle fredde sonorità dei miei amati Royksopp.

Ovviamente si sente l'influsso reznoriano, più nelle atmosfere in realtà che non nelle melodie e nei ritmi. La musica si è fatta più adulta, più piena. Il ragazzo insomma ha imparato dal maestro, come fosse uno jedi, che la tristezza è la condizione di base per ogni artista che si rispetti. Si inizia a sentire un vero cambio di mood (come il nome del gruppo suggerirebbe) all'interno delle varie canzoni (soprattutto in "Money for good") passando dalla melanconia del cantato e degli arpeggi alla gioia melodica dei ritornelli, coadiuvati da buoni cambi di ritmo. Ci siamo, anche se qualche inconscio richiamo ai "Radiohead" è a mio avviso troppo pacchiano. L'emigrato non si fa mancare un buon remix dei pezzi dei suoi primi due album in salsa molto più dance (altro chiaro insegnamento del buon Trent), collabora ancora con Reznor per il remix di "Year Zero" (notevole la sua versione di "The great destroyer") e per l'ultimo capolavoro minimalista industrial "Ghosts", in cui scrive a mio avviso alcuni dei pezzi più belli del cd.

Infine il talento sboccia. Come ogni artista di classe si affida ad una trilogia di Ep, da 5 pezzi ciascuno, sotto il bellissimo titolo di "Pearls to Pigs" vol. 1, 2 e 3. Il primo esce il giorno di Natale del 2007, il secondo a fine febbraio 2008, il terzo uscirà a giugno ma si può già parzialmente ascoltare su My Space. Mi limito però per correttezza a recensire solo i primi due volumi per ingenerare in voi l'attesa per l'uscita del prossimo.

Vol.1 si apre con "Problem me", un pezzo di una tristezza infinita il cui sottofondo è un chiaro richiamo all'elettronica tedesca anni '70. Si passa a "Mhz" che invece si apre con una bella chitarra distorta in pieno bending e saturazione. Il cambio di "mood" dal primo al secondo pezzo è davvero notevole. Il suono è pienamente rock, con tanto di basso distorto e batteria classica. L'eclettismo dell'artista è così celebrato, e l'ingresso dei synth gocciolanti sulla melodia della voce (che non mi è ben chiaro onestamente quando sia la sua e quando quella del collega Pelle, visto che cantano alternandosi in modo sublime, ma è comunque stupenda in tutto l'album). Pezzo n.3, titolo: "Forlì". 1,28 minuti di cori melanconici. "Bellevue Ave." è un pezzo un pochino più piatto, il più "pop"del Ep. Torna il basso, torna la chitarra ben suonata meno le emozioni forti. Si chiude con "Too late", un pezzo acustico solo voce e chitarra all'inizio, piuttosto "grunge". Viene poi impreziosito dall'ingresso dei synth che rendono l'atmosfera più calda. Lo zufolio abbozzato nel finale è quello di "Patience" dei GN'R.

Vol.2 parte con "Crumble", un pezzo che io adoro. Basso distorto a fare il ritmo, batteria elettronica molto Depeche Mode anni '80, canto a due voci, chitarra con semplici accordi alla Elvis Costello e synth alla NIN in contro tempo. Un pezzo davvero notevole che nella sua semplicità ritmica si apre poi in un ritornello molto pop che ricorda vagamente le sonorità british dei Placebo e dei Muse. E' un pezzo che inzia rock grunge e finisce pop. Il secondo pezzo "Sunday morning" è il classico singolo molto "radio edit di classe". Quel qualcosa di tipicamente scandinavo mi arriva in maniera molto netta, portandomi alle atmosfere di Royksopp, Trentemoller, Quant. Eppure il pezzo è meno elettronico di quanti sembri, e arriva infatti un ritornello di chitarra elettrica vagamente glam rock, a ricordare che stiamo parlando comunque di due musicisti classici passati all'elettronica. "If I was you" è una canzone meno riuscita, più banale, troppo scontata e troppo pop. "Domenica pomeriggio" è un intramezzo in salsa quasi reggae di un minuto e mezzo che conduce per mano dentro all'ultimo pezzo dell'EP "Scene". La track di chiusura vorrebbe essere negli intenti un lento elettronico dalle arie epiche, che però non mi piace. Mi ricorda un po' troppo le sonorità di poco successo dell'ultimo album dei Planet Funk. De gustibus...

Nel complesso il mio giudizio sui Modwheelmood è più che positivo. Pearls to Pigs 1 e 2 racchiudono almeno 6 canzoni su 10 di alto livello. Sembra di osservare un bambino che cresce ad ogni uscita diventando più maturo di canzone in canzone. Prevedo un futuro molto luminoso seppur su di un genere molto di nicchia in Italia.

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