È notte e sto tornando a casa. In mano il cd dei Mogwai. Improvvisamente la mia attenzione è catturata dal cd che tengo in mano, è diventata di un azzurro intenso. È il riflesso di un neon. Sono sorpreso. La copertina, contrariamente a quella che si vede sui giornali è specchiata, ma non credevo che specchiasse così bene. Irriproducibile con una stampante
Altre indicazioni nel cd non ci sono: si apre il booklet di due pagine e di nuovo solo argento. Allegato un foglietto bianco che spiega che sul cd c’è pure una versione demo del Cubase della Steinberg e i frammenti per remixare la prima canzone del cd, “Hunted by a Freak”.
La prima canzone mi delude, quasi subito entra un fastidioso vocoder, poi si apre in uno space rock chiuso infine in effetti elettronici messi lì così (per creare un po’ d'atmosfera?). I dischi dei Mogwai sono sempre stati definiti da una potenza sotterranea, sembra di stare in mezzo al mare e le onde ti mandano su e giù. Ma sono onde lunghe, pigre, lente. Non ti fanno paura. Senti la loro forza. La seconda canzone mi rimane impressa solo per la s-grammatica del titolo “Moses? I amn’t”. Mosè… i riferimenti al mare sono evidentemente ben presenti nell’ immaginario della band.
In “Kids Will be Skeletons” , compare una chitarra flangerata e una melodia che sembra presa di peso dai Cure, quel saliscendi alla “Letter to Elise”, e ti fanno sorridere. Bello, ma cosa ci fanno qui? “Killing all the Flies ripropone il vocoder, bella la fine con le mosche che si ribellano e attaccano. “I Know You Are but What am I?" è introdotta da un piano minimale
Ma il pezzo di classe arriva solo alla fine del disco “Stop coming to my House” è una tempesta di riverberi, un crescendo devastante con una batteria distorta indescrivibile. Ma valutato nel compresso il disco mi lascia interdetto, sebbene a tratti maestoso, ma quando si fa il post-rock minimale piccoli errori (leggi vocoder) segnano il disco in maniera pesantissima. Ecco: a tratti pasticciato.
Carico i commenti... con calma