Per fare il pogo bisogna essere in due

20 aprile, Qube.

Arrivo sul secondo pezzo, forte di quattro lattine di baffomoretti ingollate durante il tragitto centro-qube. Rimbalzano con una punta d'arroganza il mio tesserino stampa, la sala è un buco strapieno, caldo spaventoso. Machissenefrega, sul palco ci sono loro. L'ascoltatore tipo dei Moguei non si aspetta che uno sgusciante furetto altoatesino possa sbucargli davanti da chissà dove, sicché in due pezzi sono davanti al palco, seppur decentrato.
Machissenefrega bis, il cicciopanza che sta al centro del palco - non posso definirlo il cantante, in quanto lo fa un pezzo su cinque, e neanche il leader, perché si capisce benissimo che quello è ruolo intenzionalmente vacante, nei moguei - cicciopasticcio, si diceva, beve da un bicchiere di plastica alla fine di ogni pezzo. "In quanto scozzesi non dovrebbero essere seguaci dell'alcol?", mi chiedo io. "Certo che sì coglione, è vino", mi rispondo quasi subito dopo, quando ciccio fa spuntare una bottiglia di rosso da dietro la cassa per riempirsi il bicchiere. Di plastica, ribadisco, a testimonianza che in Scozia se ne intendono molto di pinte e poco di calici.

Le ragazze sono tutte bellissime, dai tratti inusuali e fulminanti. I ragazzi gentili, magari qualche fighetto di troppo, ma nel complesso amichevoli, sicuramente. Al mio scuotermi avanti e indietro percosso dai moguei, per dire, uno mi batte sulla scala e fa una mossa a dire "fa caldo...", comico ma efficace. Al concerto dei marlene, tre settimana fa, una simile scena stava portando alla rissa. Colpa di un coglione, sia detto per inciso, non dei marlene. Ma il coglione al concerto dei moguei non c'era, ecco.

E poi, la musica. Così calma/inesorabile/possente da rubare la scena al vino, alle non-pose da non-rockstar di cicciopanza, alle ragazze bellissime, ai ragazzi amichevoli. La musica, misteriosa e abbagliante come il monolite di Odissea nello Spazio. La musica, che ti entra dritta in testa e non si stacca, che ti fa chiudere gli occhi per tre minuti buoni dopo aver dribblato tutta la sala per stare in prima fila, coi bassi sparati che fanno tremare il pavimento o con gorgheggi da balenottera nei pezzi più lenti. Suonano un'ora e tre quarti ma il concerto sembra appena iniziato, danno l'impressione di poter andare avanti per giorni, se non per sempre.

Sull'ultimo bis ho sentito esplodere la necessità di cinque minuti di sano pogo, ho dato due colpi qua e là, mi hanno guardato strano. Poco male, per fare il pogo bisogna essere in due, per i moguei, in fondo, no.

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