Ho già spiegato, in una mia precedente, i motivi per cui considero Mogwai un gran bel gruppo. D'altra parte so che c'è un sacco di gente a cui non vanno giù. E le ragioni ben le comprendo: niente voci, un po' prolissi, troppo concettuali, dispersivi, ripetitivi...

Per quelli che invece godono, la domanda è ovvia. Hanno ancora qualcosa da dire arrivati al sesto album? Mi pare di sì.

Detto che la copertina è una delle più insulse viste in giro negli ultimi tempi, e che il titolo del primo pezzo, "I'm Jim Morrison, I'm Dead", arriva secondo nella classifica dei migliori dell'anno, surclassato dall'inarrivabile "Bring Me the Head of Paul McCartney on Heather Mill's Wooden Peg (Dropping Bombs on the White House)" dei BJM, ma che il brano è nulla più che un cliché della band di Glasgow, ci spostiamo sul secondo. E qui siamo già nelle mirabilia. "Batcat" è infatti un tour de force nei meandri dell'inconscio. Sostenuto da molteplici prese di chitarra, da un basso reiterato e da una batteria feroce, lascia letteralmente senza fiato. A qualcuno ha ricordato i Black Sabbath, ed io invece ho pensato, strane aritmie, ai Marlene, quando usavano stacchi simili al gruppo di Birmingham (che poi, scusate la solita digressione, non ho mai capito se erano fan di Ozzy od avevano solo ascoltato Soundgarden. Un po' come quel chitarrista con cui ho suonato che voleva fare le cover dei Velvet come le facevano i R.E.M.).

Questa nuova strada viene purtroppo abbandonata subito. Il successivo "Danphe and the Brain" ci riporta Mogwai nei loro percorsi cinematografici. Io vi sento degli echi delle colonne sonore di Teho Teardo. Che, d'altronde, mi fa venire in mente Clint Mansell. Che ha lavorato con Mogwai alla colonna sonora di "The Fountain". Ma allora: tout se tient!

Vi risparmio, ovviamente, il track by track. Vi è da dire che "The Sun Smells Too Loud" è una delle canzoni più brutte che abbia ascoltato da mesi a questa parte, ma che il resto del disco gira ininterrottamente sul mio piatto da quando l'ho comprato, ed era un bel po' che chitarre sature (splendide quelle di "Scotland's Shame" e della conclusiva "The Precipice") non riempivano il mio soggiorno, nebbia che si fa largo nella nebbia del fumo delle sigarette.

Insopportabile per chi odia Mogwai, delizioso per chi li ama. Per questi segnalo l'imprescindibile "Batcat" ep, con Roky Erickson, sì proprio lui, alla voce in  "Devil Rides" (se non vi sgorga una lacrima quando la sentite, avete il cuore di pietra). Per i non adepti, il consueto consiglio: iniziate da "Young Team", e poi vedete.

Quattro stelle, da intendersi come sette, secondo le istruzioni del ministro Gelmini.

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