Un album di elettronica apparentemente scarna, ma dotata di una energia interna, una frenetica movimentata carica ritmica che è implacabile. Senza dubbio quello che rende forte questo cd è l'uso ossessivo dei loop e quel basso pulsante e profondo che si accompagna in quasi tutte le tracce. Le atmosfere sono prettamente artificiali, nessuna IDM, nessun richiamo a qualcosa di ipoteticamente naturale, nessuna melodia fighetta ad accompagnarla. Ritmi, quasi solo ritmi, cadenzati da poche ed essenziali note!
Ricorda vagamente Tri Repetae dei mitici Autechre, ma qui il suono risulta più profondo, un piglio decisamente più dance, eppure non è dance nonostante alcuni suoni siano di derivazione dancefloor, qui tutto si inserisce in un ottica totalmente differente. I ritmi sono spogliati dell'accozzaglia banale di cui molta musica è affetta.
Le atmosfere sono manieristiche, c'è una cura maniacale per il dettaglio, curati i suoni letteralmente step by step, incastonati l'un l'altro con precisione chirurgica, ma non suona schizzoide, anzi è quieto, terribilmente quieto. E' un album compatto, con una linea di pensiero e delle idee ben precise che vengono mantenute sino alla fine, una chiarezza di spirito.
"Pipeline" la traccia che presenta più riferimenti modaioli, fruibile e passibile di ascolto a qualcunque macini un pò di elettronica (house, techno o meno).
Dalla seconda traccia "CCTV", la situazione si complica, non si stravolge lo stile ma cmq cambia la sostanza. Il ritmo diventa meno dance, ma resta ugualmente serrato, pochi tocchi di basso profondissimi, sibili gelidi sulla frequenza bassa dello spettro, alle volte lisci, altre volte più grattati. Credo sia l'apice più cupo di tutto l'album. Una sconcertante esplorazione nei meandri della società moderna! Nel suo perpetuarsi per più di 7 minuti è alienante, artificiale, lenta, lentissima, eletronica rallentata al massimo.
In "North" i ritmi si fanno più complessi, e i suoni si incastrano meccanicamente ma fluidamente. "Axis", "Digitalis", "Invisible" portano avanti il progetto con costanza, senza cadute di stile.
"Carbon" risulta un titolo azzeccatissimo. Ascoltando il suo ritmo e quello scratch elettronico mutevole ad accompagnarlo, sembra di stare dentro ad un modello molecolare di fullerene (polimorfo del Carbonio), esplorare ogni angolo ed ogni sagoma di questa molecola, vedere come il reticolo cristallino si articola nello spazio dando vita a qualcosa in equilibrio perfetto.
"Wasteland" è solo un drone riverberato e prolungato all'infinito, "Plumbicon" chiude l'album tornando ai temi della prima traccia Pipeline, chiudendo il disco su territori nuovamente più luminosi, nuovamente più dancefloor.
Se così lo si può definire, non schifatevi a sta parola mi raccomando!
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