Abbandonate per un po' le velleità cinematografiche dopo il mezzo fiasco di "And Now For Something Completely Different", i Monty Python ritornarono a lavorare assiduamente su quello che è stato il loro progetto più riuscito, il Flying Circus. A 3 anni dal primo lungometraggio però, approfittando di una pausa di programmazione tra la terza e la quarta stagione del loro show televisivo, il gruppo comico decise che era giunta l'ora di riprovare a dare l'assalto al grande schermo e di sbancare, oltre ai rating della BBC, anche i botteghini di tutto il mondo.
Questa volta però i Python facevano sul serio: avendo capito i limiti che non avevano permesso al loro precedente film di avere successo, il gruppo cambiò quasi del tutto le carte in tavola. I sei infatti scrissero del materiale completamente inedito che si sarebbe andato ad incastrare all'interno di una storia organica e lineare, abbandonando quindi la formula del flusso di coscienza usata nel Flying Circus e del "riciclo" di vecchi sketch come accaduto in "And now..."; inoltre non si affidarono più ad una figura esterna come era stato Lownes nella loro prima pellicola, bensì si occuparono autonomamente della regia e della produzione sul set, facendosi affidare in aggiunta un budget decisamente più consistente rispetto al passato (sebbene rimanesse sempre una cifra bassa per un film, 230 mila sterline).
Nello specifico, i Python attingono a piene mani dai cicli bretoni di Re Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda dando una loro personale interpretazione a quella che è forse l'avventura più famosa di questi romanzi, ossia la ricerca del Sacro Graal. Artù infatti (interpretato da Chapman) riunendo attorno a sè i più valenti cavalieri della Bretagna cercherà, su ordine di Dio stesso, questo manufatto. Prima uniti e poi da soli, il gruppo affronterà diverse peripezie con lo scopo di ritrovare il famoso oggetto, non senza colpi di scena e con un finale a sorpresa.
La trama, come si può facilmente notare, è un mero pretesto per mettere in connessione le varie gag che si intercalano nel corso della pellicola; mai come in questo film, infatti, si può notare la carica comica e demenziale dei Python. Se "Life of Brian" e "The Meaning of Life" rappresentano dunque il culmine della loro ironia corrosiva e satirica, questo "Monty Python and the Holy Grail" è il manifesto della loro comicità divertente e divertita, senza alcun vero messaggio profondo nè di stampo sociale; gli unici spunti più seri vengono forniti unicamente da alcuni contadini (Palin e Jones) che discutono sui risvolti sociologici della figura del re (simile al dittatore moderno) e dal breve intervento di Dio (la cui voce è fornita da Chapman) che si lamenta dell'eccessivo servilismo dei suoi seguaci, spunti lasciati in sospeso in questo film e che verranno poi approfonditi nelle loro successive pellicole.
E' chiaro quindi che il film si poggia quasi del tutto sulle trovate comiche dei Python, che mai come in questo lavoro hanno dato sfogo alla loro verve creativa, anche nei casi più impensabili (perfino nei titoli di testa): l'esempio più lampante della loro genialità è però dato da Patsy (Terry Gilliam), servitore di Artù, che imita il suono di un cavallo che trotta sbattendo tra di loro due noci di cocco, scenetta ricorrente in più fasi della pellicola; all'inizio questa gag non ci sarebbe dovuta essere, visto che in origine si sarebbero dovuti utilizzare cavalli veri. Notando però il budget alquanto inconsistente, i sei optarono per questa trovata delle noci di cocco, la quale tra l'altro avrà anche dei risvolti decisivi nella trama; i Python quindi diedero un colpo al cerchio e uno alla botte risparmiando con questo espediente diversi soldi e inventandosi sul momento una nuova scena comica. Altre perle di totale demenzialità sono date ad esempio dal feroce "coniglio assassino", dai cavalieri che dicono Ni (e il loro desiderio di boschetti), dal Gigante a tre teste (alquanto litigiose) e dai menestrelli del "coraggioso" Sir Robin, tutti personaggi che sono entrati prepotentemente nell'immaginario collettivo degli inglesi, a dimostrazione di come questo lungometraggio abbia lasciato la propria impronta nella storia del cinema comico e non solo.
Parlando di questo film non si può fare a meno di trattare del doppiaggio italiano: curato (si fa per dire) dai membri del Bagaglino, i quali hanno dato la propria personale interpretazione del progetto snaturando o cambiando completamente il senso di alcune scene, questo adattamento rappresenta sicuramente il trattamento peggiore riservato ad un lavoro dei Monty Python e con tutta probabilità uno dei peggiori doppiaggi di sempre. Dialetti non richiesti, volgarità gratuite, errori grossolani in fase di traduzione (soldati francesi che diventano senza alcuna ragione austriaci), interpretazioni macchiettistiche e buffonesche, tutti elementi ben lontani dalla comicità "british" del gruppo inglese; è scontato quindi che io consigli la visione in lingua originale, così da non rovinarsi la visione di una delle migliori commedie mai realizzate.
E se dopo aver visto questo film avrete voglia di fare un viaggio in Svezia tranquilli, è perfettamente normale: basta che non incrociate le alci.
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