Nell'inverno 1995, per quel poco che ricordo, ero ancora giovane.

Avevo da poco scoperto l'esistenza di un nuovo aggettivo e, come si conviene ad ogni fresca conquista linguistica, ero tutto ansioso di sperimentarne l'uso in un contesto quotidiano. L'ascolto di "Everyday I Wear...", in questo senso, calzò a pennello.

Secondo il dizionario, sornione è colui che riesce a dissimulare le proprie intenzioni e il proprio pensiero dietro un atteggiamento apparentemente bonario, indifferente o riservato.

Etimologicamente, invece, sornione diviene affine a sussurrare e conduce a saturnione, accrescitivo di saturno; lo stesso aggettivo francese saturnin indica "cupo e melanconico".

Saturno, in ogni caso, è il pianeta che non dà luce, in opposizione a Giove (da cui il termine gioviale); sorgner (da sorne, notte) è "ritirarsi in un canto, in un luogo oscuro".

Sornione racchiudeva dunque, in una sola parola, la mia idea adolescenziale dei Moondog Jr.

 Quando parte "Love 609", basta chiudere gli occhi per ritrovarsi nel bel mezzo di una festa di paese; in fondo alla strada principale, nel gran trambusto dei venditori di torroni, nocciole e derivati, un gruppetto di impavidi concorrenti attende il proprio turno, ammassato ai piedi di un albero della cuccagna. A guardar bene, c'è anche una folla più in là, nei pressi di un palchetto allestito all'ultimo minuto. Si fa la propria puntata, in attesa di capire quale sia il premio.

Con "Moondance" ha inizio un viaggio dai toni decisamente crepuscolari, il cui denominatore comune, a livello strutturale, è un certo tipo di blues. Sembra quasi che ci vengano presentati i personaggi di una storia, sebbene l'attenzione finisca per concentrarsi su uno di loro in particolare: quello che è venuto con la pioggia, lasciandosi la luna alle spalle. Jintro Sarto è lo stregone che ci invita alla scoperta di un magnifico labirinto di suoni: il guaio è che ci si lascia andare davvero, forse illusi di aver trovato la quadratura del cerchio (Moon o Rain dogs, in fin dei conti, sempre di cani si tratta), finché - apertesi le danze di "Cachita" - è troppo tardi per tornare indietro. Sono cazzi amari, a dirla tutta... E, se "Waiting 'till You're Gone" ha già il sapore dei primi bilanci, "Tv song" suona proprio come una beffa.

Prima che la gran moda del "post-rock" invadesse il panorama musicale fine anni Novanta con la sua complessità anche straripante (e non sono in pochi coloro che rischiarono di farla, idealmente, fuori dal 'rinale), i Moondog Jr. di Stef Kamil Carlens proposero la loro personalissima idea di colonna sonora; un'idea forse non ancora manifesta, ma palesata poco tempo dopo, quando - mutato il nome in Zita Swoon - scomodarono addirittura il buon Murnau, musicandone (non a caso, visto il precedente) l'"Aurora".

Disco omogeneo solo a livello d'ispirazione, "Everyday...", più che una raccolta di canzoni,  è una galleria d'arte minima, una eccellente minestra selvatica, una collezione di bozze (fortunatamente) mai finite. Un misconosciuto capolavoro che, a tratti, sembra negarsi allo stesso controllo del suo autore, tale è la delicata sfuggevolezza delle sue immagini ("Francis").

Il classico album da 15 copie, appunto.

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