Forse ci saranno sempre i gruppi che tenteranno di emulare i grandi "maestri", quelle realtà che hanno in qualche modo contribuito a codificare un certo modo di approcciarsi e fare musica. Nel loro piccolo i californiani Kyuss hanno notevolmente inflazionato quel filone del rock, o forse sarebbe meglio dire del metal, che è stato definito stoner. Un genere che nasce in realtà dai fumi del doom d'annata e che a voler essere molto semplicisti ha i propri padri putativi in band quali Black Sabbath, Pentagram, Witchfinder General e Grand Funk Railroad. Il passare degli anni ha portato altre influenze ed ulteriori sottogeneri, in una proliferazione massiccia di band stoner rock/metal.
I Moonless fanno parte di questo grande calderone e a dispetto del suono sabbioso dello stoner provengono dalla gelida Danimarca. Non c'è da stupirsi se si pensa ad altre realtà di questo tipo, come i Stoned Jesus (Ucraina) o i Brain Police (Islanda). Dimostrazione lampante di come un determinato genere musicale travalichi anche i suoi contorni di "nicchia" per diventare un qualcosa di più ampia portata. Ma al di là dello sviluppo e della crescita raggiunta dallo stoner, inevitabilmente c'è da fare i conti con i Kyuss, soprattutto per quanto riguarda le "band emergenti". Spesso queste pagano un pegno in originalità a tutti coloro che in qualche modo hanno scritto le pagine precedenti. E' un po' quello che è capitato al quartetto dei Moonless, che ripropongono uno stoner canonico, privo di particolari spunti. Chitarra abrasiva, basso ben in evidenza, voce ruvida (ma neanche troppo) e minutaggio intorno ai 6 minuti: il mood generale è quello del corposo stoner statunitense, in cui si segnalano pezzi come "Mark Of The Dead", "Horn Of The Ram" e "The Bastard In Me", dove fa effetto un ritmo deciso, secco, da headbanging vecchia maniera.
Il problema di fondo di un lavoro come "Calling All Demons" (marzo 2012) è quello di essere un derivato, ben fatto, ma sempre "derivato" di quelle band già citate. L'originalità svolge un ruolo fondamentale in produzioni di questo tipo e i danesi Moonless hanno dimostrato di non possederne con questa prima uscita. Appare arduo il compito della band di trovare un quid pluris in grado di rendere la proposta accattivante e svincolata dai "grandi nomi" del passato. Un compito che li accomuna ad una più larga schiera di realtà dedite allo stoner.
Sostanzialmente un'opera per gli amanti del genere.
1. "Mark Of The Dead" (7:43)
2. "Devil's Tool" (5:26)
3. "Horn Of The Ram" (6:27)
4. "Calling All Demons" (6:52)
5. "The Bastard In Me" (7:03)
6. "Midnight Skies" (5:35)
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