Ci sono album che pur essendo belli e facilmente assimilabili, dopo poco tempo cadono inesorabilmente nel dimenticatoio, salvo poi essere disseppelliti in qualche momento in cui si cerca qualcosa di "diverso" dalle tante, troppe uscite di un anno intero.
Ce ne sono altri invece che, ad ascoltarli in un primo momento risultano essere ostici ed intricati, poco orecchiabili e per nulla digeribili, ma che, pur essendo decaduti per un certo periodo, poi ritornano e sanno farsi apprezzare al meglio delle loro possibilità. E questo secondo esempio è quanto accade per "Memorial", ultimo, e già gettonatissimo, lavoro dei lusitani Moonspell.
I Moonspell hanno una straordinaria, anche se controversa capacità: quella di riuscire a far innamorare della propria musica in maniera totale e granitica chi li segue, oppure quella di risultare detestabili, noiosi, penosi invece, alle orecchie di tanti altri. Ed anche questo è accaduto per questo album. C'è chi lo ama, lo ha amato, e lo amerà alla follia, e chi invece lo ha ascoltato, ne è rimasto disgustato, e lo ha dimenticato nello scaffale maledicendo l'amico che glielo aveva consigliato e che glielo aveva fatto acquistare.
Con la band di Ribeiro e compagnia non esistono mezze misure, ed in questo, condividono la stessa sorte di gruppi dello stesso spessore come Type 'O' Negative e altri, e comunque rimane sempre il fatto che ad ogni loro uscita, nel bene e nel male, se ne fa sempre un gran parlare, e l'attesa per ogni loro pubblicazione viene accolta con spasmodica eccitazione ed incontenibile impazienza da chi li conosce, vuoi perché ne è pazzamente ammaliato, vuoi perché non aspetta altro che impallinarli, per l'ennesima volta, con un fucile a canne mozze. Ultimamente poi, il numero dei detrattori, forti pure di album passati non esattamente all'altezza della band, è aumentato a dismisura, ma c'è da dire pure che, oltre a questi, si è creato un nugolo compatto di fans della nuova ora che ha imparato ad apprezzarli, e che, con la necessaria pazienza e larghezza di vedute, sta anche riscoprendo i loro capolavori passati.
Però, parliamoci chiaro, se i Moonspell per voi, sono rappresentati da coloro che hanno suonato in "Sin/Pecado" o in "The Buttefly Effect", allora questo loro "Memorial" non vi piacerà sicuramente. E non ci sarebbe altro da dire a questo punto. Potreste anche chiudere la finestra della recensione (che è già presente nel database, ma che, a mio parere è certamente troppo ingenerosa). Se invece amate i primordiali suoni a cavallo tra Black Metal e Gothic di "Wolfheart" e "Irreligious", allora di questo album non potrete più farne a meno, semplicemente perché è un coacervo quasi maniacale e sadico di rabbia, cupezza, sussurri e cavalcate epiche potenti e fondamentalmente crudeli nel loro pungolo esagitato ma mai caotico.
Pur non essendo un album propriamente detto di Black Metal, ne è infarcito in quanto ad atmosfera, ed anche della più lugubre. Mancano però la produzione minimale ed il piglio totalmente nichilistico e roboante che qui, si dimostra essere sì furioso, ma in dosi studiate approfonditamente e sapientemente diffuse, con fare cristallino seppur atroce, e lo si capisce certamente ascoltando, ad esempio, una canzone come "Finisterra" con i vocalizzi in scream di Ribeiro che in quanto a brutalità nulla hanno da invidiare ai campioni del genere Death/Black, ma che anzi, ne dimostrano l'incredibile e stupefacente versatilità, sia nei momenti più diffusi di brutalità e metriche affilate come rasoi, che negli episodi più intimistici e sibilanti, oscuri e decadenti, proprio alla maniera Moonspell, e che si fanno apprezzare in tanti frangenti.
Già questo, pone "Memorial" come un album forte e tendenzialmente apprezzabile, se poi ci si aggiunge una sezione ritmica che rimane essenzialmente gotica pur strafacendo e sforando nelle corse criminali e schiacciasassi (e il lavoro di batteria ne è un esempio lampante) di parecchie canzoni, allora si potrà capire qual è l'attitudine della band in questo nuovo millennio: niente più contaminazioni a tutti i costi, niente più sperimentazioni che a volte lasciavano completamente spiazzati, ma potente e spacca-orecchie Heavy Metal, seppur condito della tribalità marchio di fabbrica della macchina Moonspell, seppur infarcito di richiami al passato e ad una maniera tutta particolare di attingere alle influenze più marcate del Black Metal da cui la band immancabilmente deriva.
"Memento Mori", "Blood Tells", "At Image of Pain", vi lasceranno totalmente esausti dopo il loro ascolto, passando con disinvoltura dalle atmosfere lunari e paurose, tirate e senza compromessi, a corpi chitarristici pesanti come carri armati, e suadenti, seppur acidi, giri di boa nel Gothic più ferale ed assassino, quello, tanto per intenderci, maggiormente influenzato dai lembi neri dell'esistenza e del pensiero conflittuale tra l'essere al centro dell'universo, e il non essere e rappresentare proprio un bel niente.
Per prendere fiato poi però, in intercalare, ci sono tanti interludi che richiamano alla tribalità e all'appartenenza mediterranea dei Moonspell ("Sons of Earth", "Proliferation" anche se sui generis, "Mare Nostrum"), quasi che i nostri vogliano prendersi gioco delle tante realtà black scandinave, come se fosse per dire loro: "ecco, ci siamo anche noi a saper ricreare certe atmosfere, pur non dichiarandoci figli di Odino, pur non abitando in mezzo ai ghiacci polari e alle montagne vertiginose...".
Ma se poi tanto non bastasse, e vi mancasse il gancio squisitamente gotico e claustrofobico della musica dei Moonspell, allora eccovi serviti su sanguinolenti e barocchi vassoi intinti nella pece "Luna" e "Sanguine", in cui potreste immaginare di dovervi trovare in foreste popolate di ombre, o al cospetto della tragedia fatta persona, e non potergli nemmeno dire, a vostra giustificazione, quanta sia stata ordinaria, inutile e oppressiva la vostra vita.
Questi, a parere di chi scrive, sono i Moonspell che tanti aspettavano dopo tanto tempo; nella loro forma più smagliante, nella loro più spiccata attitudine ad annichilire, spiazzare e distruggere, con diversi compromessi d'accordo, ma sempre e comunque con la necessaria cattiveria che li aveva contraddistinti già alle prime armi, trovandoli a comporre capolavori come "Alma Mater" e "Full Moon Madness".
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