C'è un aggettivo che più di ogni altro è in grado di qualificare questo album, l'esordio degli ormai famosi Morcheeba: sensuale.
Sensuale come la voce di Skye Edwards, la quale preferisce un timbro sussurrato e leggero ai poderosi gorgheggi della maggior parte delle voci nere. Sensuale come gli arrangiamenti tranquilli, fluidi e mai spigolosi dei fratelli polistrumentisti Godfrey, Ross (chitarra, basso, tastiere) e Paul (batterista e dj).
Dopo aver ascoltato il brano inziale, "Moog Island", che ci dà il benvenuto nel mondo dei Morcheeba con un piacevole calipso condito da chitarre slide pinkfloydiane, il trio inglese ci propone un trip-hop elegante e raffinato, ma allo stesso tempo molto intrigante per via della voce intima e calda di Skye e dei vari elementi che prendono parte nelle singole canzoni: elementi roots e orientaleggianti, come nell'hit "Trigger Hippie", il pezzo più famoso dell'album, funky (nella breve e strumentale "Post Humous"), elettronici (le tastiere di "Tape Loop"), vintage (l'hammond e gli arpeggi della seducente "Never An Easy Way"), classicheggianti (gli archi nella malinconica "Howling"), psichedelici (la chitarra effettata e i loop nella lunga e strumentale title-track) e hip-hop (gli scratching di "Almost Done"). È molto difficile parlare singolarmente di questi brani, in quanto, fatta eccezione per i suddetti elementi che li distinguono, sono molto simili tra loro. Ecco, forse il difetto di questo disco è proprio la ripetitività. Le canzoni che si differenziano, oltre al brano d'apertura, non sono molte e non sono nemmeno granché: il breve blues acustico di "Enjoy The Wait" è in realtà un riempitivo, la sinfonica "Col" non è malvagia ma risulta un pò melensa quando invece vuole essere commovente; chiude l'album un altro breve pezzo strumentale, "End Theme", che riprende simpaticamente il tema di "Moog Island".
Per quanto ripetitivo, si tratta comunque di un disco molto gradevole, rilassante, a suo modo anche sperimentale. L'album fu pubblicato nel 1996: erano altri tempi per i Morcheeba, facevano ancora parte dei circuiti underground. Non erano di certo le popstar patinate di "Fragments Of Freedom", il loro successo planetario, con il quale avevano virato verso un genere pop-dance molto più commerciale e meno interessante, né tanto meno il gruppo attuale, sfasciato e inconsistente (Skye se n'è andata e ha intrapreso la carriera solista, la nuova cantante non regge minimamente il confronto). Meriterebbe un pò di meno, direi 3 stelle e mezzo, ma nell'impossibilità di dare i mezzi punti approssimo volentieri per eccesso.
D'altronde, come già detto, è sempre un disco gradevole e la voce di Skye è sempre un bel sentire!
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