Ci sono tanti inspiegabili motivi per cui alcuni album riescono ad imporsi più di altri, talvolta anche senza merito. Così finiscono per scomparire lavori importanti e di ottima qualità mentre invadono il mercato discografico insulsi pezzi di plastica colorata che non contengono nient'altro che un'accozzaglia di note senza idee e senza spirito. Molto spesso avere una buona casa discografica significa assicurarsi un successo che la passione e la creatività non garantiscono.

Questa è la situazione che hanno affrontato (e che continuano ad affrontare) i Morgion, band americana che insieme a tante altre sulla faccia del pianeta non avrà mai quella notorietà o comunque il successo che meriterebbe. Questo nonostante "Solinari", il loro secondo disco in studio, rappresenti una delle uscite di doom/death metal fondamentali per lo sviluppo di questo genere. Alcuni lavori epocali che hanno inciso profondamente questa "nicchia" del metal gettando gli stilemi del genere come "Turn loose the swans" dei My Dying Bride e "Brave murder day" dei Katatonia, avevano già conosciuto una certa diffusione contribuendo ad alimentare l'aura di "sacralità" delle band che li hanno partoriti. Eppure, sebbene "offuscato" da album così importanti e conosciuti, "Solinari" (siamo nel 1999), ha contribuito a rafforzare un genere che subito dopo l'esplosione intorno alla prima metà degli anni '90 sembrava già destinato a perire.

I californiani Morgion, che avevano debuttato nel 1997 con "Among majestic ruin", raggiungono il loro apice compositivo (come molti confermano) proprio con "Solinari". Un disco introspettivo e costruito alla perfezione, dove ogni sensazione umorale varia da secondo a secondo. "Solinari" è un disco di doom metal che riflette l'anima epica e sognante che nasce proprio dal mondo che ha ispirato il quartetto californiano: quello leggendario e misterioso di Margaret Weis e Tracy Hickman, cioè la creatrice e il creatore della saga letteraria fantasy "Dragonlance".

Atmosfere di stampo leggendario
che si instaurano su un "wall of sound" di doom death dove c'è spazio per continue aperture melodiche: il suono ovattato e polveroso delle chitarre acustiche rende l'ensemble più suggestivo e contribuisce a rendere il cd in questione una perla che potrebbe essere definita "death/doom/progressive metal". Un insieme catartico e stralunato dei primi Anathema e di band come My Dying Bride, Katatonia e Opeth. Tutte caratteristiche che trovano la loro sublimazione nelle due epopee metafisiche "The serpentine scrolls - Descent to Arawn" e "Nightfall infernal".

Un'opera che non presenta nessuna caduta di tono ma che si mantiene sempre su livelli qualitativi esorbitanti, prendendo spunto dai soliti "grandi" prima citati e rielaborando tutto come si farebbe in un mondo fantastico che affonda le sue radici nell'oscurità del Medioevo. Note di dolore, sofferenza, nebbie, sogni perduti e sensazioni infrante. Uno dei capisaldi di questo genere che merita di essere riscoperto per tutta la carica emozionale e atmosferica che possiede.

"...between the Coloumns of Wisdom, I see my passage, I see my fate...sealed..."


1. "The Serpentine Scrolls - Descent To Arawn" (10:32)
2. "Canticle" (6:41)
3. "Solinari" (2:26)
4. "Nightfall Infernal" (11:04)
5. "All The Glory..." (6:05)
6. "...All The Loss" (6:20)
7. "Blight" (4:45)
8. "...The Last Sunrise" (4:48)

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