Un felice anacronismo, non saprei come altro definire questo gruppo di Boston rispetto alla scena americana dell'epoca, dominata dall’esplosione del grunge. L’unico precedente che mi viene in mente, con tutti i distinguo del caso, è quello che rappresentarono i primi Dire Straits nella scena londinese del 78 allora travolta dalla furia punk. Già la formazione base del trio: basso, batteria e sax la dice lunga di come questi ragazzi, più che ai Nirvana, guardassero ai complessi degli anni '50/60 e ad un periodo in cui la chitarra elettrica non era diventata la mistress di ogni gruppo rock (non che quì non ci sia ma viene usata poco e bene).
In un periodo poi, come i primi novanta, in cui si cercava di sfruttare in tutti i modi il nuovo formato cd, diluendo il grano con quintali di oglio (e potrei farne di esempi di buoni dischi danneggiati dall'eccessiva lunghezza) ecco un disco che raggiunge di poco il minimo sindacale per un lp, solo 37:11 min, come ai bei tempi dei Beatles e degli Stones. Smart Choice!
Raffinata anche la scelta di aprire e chiudere con due brevi e meditativi strumentali: il secondo un requiem per il grande Miles Davis, da poco scomparso, ricorda un po’ “He loved him madly” pezzo che lo stesso trombettista di St. Louis dedicò alla morte di Ellington.
Buena: Un pezzo che inizia con un giro di basso così invitante è sempre una perfetto apripista per un funky cantato con la giusta dose di coolness da Sandman fino all'esplosivo chorus dove attacca l'indiavolato sax baritono di Dana Colley (masculo nonostante il nome). Mui Buena!
I'm Free Now: brano più rilassato (nonostante il basso a due corde di Sandman sia sempre frizzantino) con una ripetitiva melodia triste al sax su cui Sandman inserisce il suo cantato molto sciolto, discorsivo e autoironico ("flexing like a heartbeat, we don't like to speak, don't talk to me for about a week").
All Wrong: Si rialza l'interesse con un ingegnoso riff al sax ma il meglio è il solo filtrato dal pedale wah-wah. Pezzo semplice e brillante. Menzione d'onore per il verso: "and when she laughs I travel back in time, something flips the switch off and I collapse inside!"
Candy: Ecco l'immancabile ballad. Il titolo lascia intedere qualche influenza loureeddiana. Ha sicuramente il ritornello più orecchiabile ("Candy said she wants me with her down in Candyland") e sarebbe potuta essere l'hit più commerciabile. Anche qui scorgo una certa ironia nel canto un pò (esageratamente) melenso di Sandman.
A Head With Wings: uno dei brani più retrò, old school boogie. Mi piace quel breve momento di anarchia percussiva dopo il chorus "I got a head with wings!". Solito solo ben costruito di Colley, questa volta al tenore.
In spite of me: Quì sorprendono un pò con un inizio folk (un pò alla "Going to California" degli Zeppelin) con fingerpicking e mandolino ed una voce baritonale soffiata e morbida fra Leonard Cohen e Nick Cave. Un intermezzo volatile troppo breve però per proporsi come cura al dolore.
Thursday: E’ il brano che più potrebbe avvicinarsi al Grunge del periodo coi grugniti del baritono e le distorsioni chitarristiche finali ad appesantire per bene il sound di un pezzo su una tresca interrotta dalla paura della reazione violenta del marito geloso.
Cure for Pain: “Someday there'll be a cure for pain That's the day I throw my drugs away When they find a cure for pain” pare un pò il manifesto della filosofia di vita del compianto Sandman. Altro brano un pò spiazzante perchè sembra prenderla con rassegnata ironia, poi però uno pensa che comunque ci è morto quel dì fatale a Palestrina di un misteriosissimo infarto…
Mary Won't You Call My Name?: attacco poderoso col sax sovrainciso per un pezzo dal ritmo sostenuto quasi uno ska alla Madness. Il ritornello è lasciato alla sola voce di Sandman sul tintinnio dei timpani. Finale sospeso.
Let’s Take A Trip Together: quasi un’oscura b-side di Tom Waits dall’andamento sinuosamente ipnotico che si dissolve, come la precedente, in un soffio. Bisogna riconoscere che questi Morphine sanno come creare un atmosfera stuzzicante con pochi mezzi: una voce sovraincisa, un flebile organo su ritmo latino.
Sheila: non sono molto sveglio ma ho il sospetto che il gatto di Sheila non sia un felino ma una bella frusta a nove code, d’altra parte il refrain: “I'm yours to command, Shelia, Shelia” è abbastanza inequivoco. Perversa.
Insomma un bel disco, di quelli in apparenza low profile ma che sembrano fatti apposta per diventare dei piccoli cult, una band affiatata ed originale nell’andare controcorrente con una formula minimalista, magari ad un primo ascolto un po’monocorde ma che rivela tante piccole delizie ai successivi.
Dieci anni dopo la morte di Sandman Dana Colley è ritornato a Palestrina per celebrare le canzoni del suo amico: “Nessuno sta cercando di essere Mark, nessuno sta cercando di essere i Morphine. Ma queste canzoni hanno bisogno di essere suonate". Come cantavano i Drifters, uno di quei gruppi R&B che magari piacevano a Sandman, a good song never dies....
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