E’ il momento di tornare in pista anche per il quasi sessantenne Morrissey, che con questo “Low In High School” arriva all’undicesimo lavoro in studio da solista.

Prodotto da Joe Chiccharelli, è stato registrato in parte in Francia (La Fabrique Studios) ed in parte proprio qui in Italia, nei Forum Studios di proprietà del Maestro, Ennio Morricone (che collaborò con Moz per il sottovalutatissimo “Ringleader Of The Tormentors” del 2007).

Partiamo col dire che, a livello lirico, Morrissey è (ovviamente, e ci mancherebbe altro), sempre Morrissey, che la cosa piaccia o meno: sesso (nel britpop cristallino di “When You Open Your Legs” – appunto), politica (tanta, come nel martellante coro “exit! exit” sul finale della splendida “Jacky's Only Happy When She's Up On the Stage”, un pop rock deciso che rievoca le cose migliori di “You Are The Quarry” e “Ringleader”) e chi più ne ha più ne metta, come da tradizione.

Le atmosfere di questo nuovo lavoro sono varie, e si allontanano spesso dalla via maestra di un pop rock ordinario: il singolo (ottimo, davvero ispirato) “Spent The Day In Bed” è un pop perfettamente radiofonico dall’arrangiamento sobrio ed essenziale, che non trova riscontro in nessun altro brano di questa nuova proposta di Moz. Il trittico di partenza del disco fa erroneamente pensare ad un album squisitamente conservatore: parliamo del muscolare glam rock dell’opener “My Love, I’d Do Anything For You”, del synth pop martellante della bella “I Wish You Lonely” e della succitata “Jacky”.

Da lì in avanti però, il buon vecchio Stephen si diverte a zompettare qua e là e, se la qualità rimane su di un buon livello, la compattezza del disco ne risente e ci ritroviamo dispersi tra ballate malinconiche e fumose (“Home Is A Question Mark”), lungaggini troppo arrotolate su sé stesse (“I Bury The Living”), una spruzzata di gospel e addirittura un accenno di walzer (“The Girl From Tel-Aviv Who Wouldn't Kneel”, che però funziona alla grande).

“Low In High School” è un buon disco, forse discontinuo e un pochettino disomogeneo, ma foriero di un paio di perle ed un mood generale soddisfacente.

Brano migliore: “The Girl from Tel-Aviv Who Wouldn't Kneel”

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