Ben fatto, Moz. Erano tanti, troppi anni ("Viva Hate"? "Your Arsenal"?) che non convincevi così alla grande.

Ovviamente il merito di questo gradito e atteso ritorno non va attribuito solo al nostro eroe ex-Smiths, ma anche al suo staff di "compositori" (è noto che Morrissey non sappia suonare nulla né tantomeno comporre) che hanno messo in musica le sue illuminanti liriche con uno stile mai come ora così vicino alla gloriosa band di Manchester degli anni '80.

È un album,"You Are The Quarry" (titolo azzeccatissimo, copertina un po' meno) molto intimista, nel quale l'indimenticato cantore inglese parla a tu per tu con i fans devoti o ritrovati: forse i suoi testi non saranno più taglienti come all'epoca di "Shoplifters Of The World", ma c'è sicuramente da divertirsi a scoprire quanto ci sia in comune tra il proprio modo di pensare e la concezione della vita che ha Moz.
Gli inglesi certamente concorderanno con lui, visto che l'album è schizzato al n.2 in U.K. e anche il singolo "Irish Blood, English Heart" è andato benissimo. Se pensiamo che in Italia posizioni di classifica così alte vengono raggiunte da loschi figuri come Zucchero o Vasco Rossi c'è da chiedersi il motivo: io ho già smesso di interrogarmi al riguardo e, oltre a volere chiedere asilo politico/musicale all'Inghilterra, mi godo le gemme di questo disco, come "The World Is Full Of Crashing Bores" (e mai mi sono sentito così in empatia con Morrissey), oppure "The First Of The Gang To Die" (che sarà una grande hit dell'estate, o almeno della MIA estate) e la famigerata "America Is Not The World" che un bel po' di gente dovrebbe ascoltare per aprire un po' gli occhi.

E pazienza se Moz vive a L.A. e si trascina dietro qualche indulgenza o qualche compromesso (nulla se lo confrontiamo con le tante "puttanelle" che popolano lo showbiz): dopotutto non ha più 25 anni e in ogni caso può permettersi di farlo, essendo un mito vivente e incriticabile.
Stand up, please.

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