Vergognoso: e la mia recensione si potrebbe concludere così. Ma siccome voglio dare un’idea del perché do un giudizio tanto lapidario, temo che mi dilungherò ancora un po’, per quanto ritenga che sia dare fin troppa importanza a questo duo di squilibrati Newyorchesi. Solo degli squilibrati potevano pensare di mettere su una Brutal band in due e nel contempo di fare anche musica: infatti uno dei due obbiettivi non l’hanno raggiunto.
La proposta sarebbe quella di un Brutal Gore, peccato ci sia solo il Gore (nei testi) ma il Brutal (nella musica) no. E non venitemi a dire che questo è un lavoro estremo, perché allora avete un po’ di confusione tra il significato della parola “estremismo” e quello della parola “approssimazione”. E’ un lavoro approssimativo, in cui le canzoni sono indistinguibili l’una dall’altra perché i due non si sono minimamente sforzati di modificarne la composizione: perfino i Napalm Death di “Scum”, che di certo non erano buoni musicisti, si sforzavano di strutturare e dare una fisionomia a tutte le loro canzoni. Un basso ultra distorto e maledettamente statico accompagna una chitarra che pare ripetere per tutto il disco lo stesso riff in due o tre varianti al massimo mentre le composizioni procedono lente fino a metà: dopodiché parte la batteria elettronica con un blast beat che si arresta solo a fine canzone (e siamo fortunati che non continuino anche dopo). Su diciassette canzoni, credo che circa dodici si snodino in questo modo (e non sto esagerando).
In tutta onestà non credo che si tratti di malafede e che questi due primati abbiano pubblicato “Domain Of Death” per fini commerciali, anzi, credo che loro vadano fieri di questo lavoro e di aver fatto diciassette canzoni tutte uguali tra loro e a quelle degli altri dischi per la loro ottusità. D’altronde non c’è da aspettarsi molto da gente che in dieci anni di carriera non si è data la pena di cercare un batterista e va avanti con la Drum Machine! Unica nota di pregio, oltre ad un paio di riff decenti, è la voce del cantante-bassista Will Rahmer, molto più bassa e cavernosa di quella di altri vocalist del genere. Tuttavia non salva l’insieme che è veramente penoso e non so a chi possa piacere: se volete un disco marcio ed estremo buttatevi sugli Autopsy o sui primi Carcass, che almeno suonano bene. Se invece siete in cerca di un prodotto di infima qualità per farvi quattro risate leggendo i testi (tutti uguali anche quelli, leggere per credere) o ascoltando le intro più pacchiane del mondo (a base di samples di film Horror tra cui “Profondo rosso”), questo disco fa per voi, ma forse costa meno un biglietto del circo o per “Natale a Miami”... bè forse ho esagerato un po’... piuttosto di “Natale a Miami” compratevi “Domain Of Death”!!
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