Grandi D. Disillusione, Destabilizzazione. Grandi S. Squilibrio, Stigma. Grandi E. Esasperazione. Grandi O. Ossessività.

Come un piccolo aggregato polvere che fluttua in una stanza rivela la sua presenza solo a luci abbassate con un ridotto fascio di luce che entra da una finestra, i Moss Icon vengono notati solo con una sorgente di luce vicina. Ma allora di luce non ve ne era. Lyburnum Wits End Liberation Fly è registrato nel 1988 ma vede la luce, vede la luce ma se ne sta ancora nell'ombra nel 1994 e nel 1997 ritorna con la sua infestante presenza, Lyburnum, con 4 pezzi aggiunti rispetto a 3 anni prima. Tutto ciò accadeva già dopo che tutto era finito. Già postumo. Poi qualcuno decide che i Moss Icon e il loro materiale registrato sono una pietra miliare dell' Emotional Hardcore prima maniera, ma c'è un problema: l'etichetta Emocore non è mai stata stretta a una band quanto ai Moss Icon e qui non siamo più nel pre-Fugazi ma nel primissimo periodo Fugazi. Coi Fugazi i Moss Icon hanno fatto in tempo a suonare assieme difatti.

Non si sente qua la semplice riproposta dello stile Rites of Spring o una sorta di Indian Summer prima degli Indian Summer, Lyburnum è strano, assurdo, destabilizzante. Non diretto come si lascerebbe intendere, troppo intellettuale e arzigogolato ma anche troppo politicizzato e rabbioso per essere definito semplice Emocore. L'immediatezza c'è inizialmente , il semplice hc punk di Mirror , ma le cose cominciano a degenerare subito dopo e si entra in un tunnel di paranoia, insonnia, riff polverosi e sbilenchi alternati ad arpeggi dolci ma ruvidi allo stesso tempo, costruttori di una calma innaturale ed inquietante, esattamente come l'occhio di un ciclone che si trova proprio in mezzo alla zona della perturbazione che ospita i venti più forti. Subito infatti arriva I'm Back Sleeping or Fucking or Something, quasi stoner e infettivamente psych, e dato che di partenza questo è un gruppo di derivazione Hardcore Punk, sarebbe una sorta di Sludge (?), tipo che si dovrebbe dire che i Melvins questi se li sono ascoltati ma era solo il 1988 e quindi questa cosa non s'ha da dire. E si è anche tanto vicini a un certo Seattle sound, anche se qui siamo nel Maryland, tanto Grunge prima del Grunge, con parti strascicate e sottotono e improvvise esplosioni, spoken word e urla. C'è il Post-Punk più grezzo, i Joy Division che fanno incursione in Locket e in Kick The Can, e lo squlibrio semi-acustico di As Afterwards The Words Still Ring.

Culmine di tutta questa follia spastica è la settima traccia: Lyburnum Wits End Liberation Fly: undici minuti in un disco che fino ad allora non si era spinto oltre i 4, undici minuti circondati da un' aura spettrale e psichedelica, quasi una jam che allontana ogni sorgente di luce e immerge tutto in un'atmosfera luciferina con una sezione ritmica quasi cerimoniale, arpeggi in un crescendo instabile che rimandano a tratti a una versione morbosa dello Slowcore, quasi fossero i fratelli dei Codeine che però sostituiscono la narcolessia e la tristezza con il livore. E poi c'è la recita in spoken word di un anti-sermone caustico: “To lose a young life in these trying times is truly not an unheard of thing/Ah, but the false truth and always lie of a dead God will surely take out some of the sting” . Pare che Lyburnum sia un dio fittizio creato dalla band. E tutto torna. Esoterismo metaforico, antiteismo, volontà di dissanguare ogni dogmatismo. E quindi sì: "LYBURNUM COVER ME you're singing and i'm being pulled in this sanctuary is our god and our secret pond under this wing we lie deaf and thinking about the singing under this tree this garden this pond is our sanctuary i have now realized the wit's end liberation fly".

Loro han sempre negato di aver avuto un'influenza così significativa sul panorama Post-Hardcore, o comunque lo si voglia chiamare, ma il fatto è questo: che abbia ispirato o meno un numero cospicuo o insignificante di gruppi, Lyburnum resta il magnus opus di una manciata di artisti unici.


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