Ci troviamo di fronte ad un piccolo capolavoro della musica estrema, concepito probabilmente in un'altra dimensione in cui il sole non sorge mai ed è l'oscurità a farvi da padrona.

I Moss sono una band gallese nata intorno al 2000 che nel tempo ha saputo conquistarsi uno spazio notevole nel sottoterra doom, fino ad arrivare a questo lavoro, del 2008, che li ha resi una delle realtà più interessanti e sconvolgenti degli ultimi anni. La Rise Above è la loro etichetta, ma soprattutto Jus Oborne degli Electric Wizard è colui che li ha scoperti e guidati fino a questo secondo full- lenght, album che ha valso loro anche la partecipazione al prossimo "Roadburn Festival" del 2010 (insieme a band come Goatsnake e Yob, tanto per citarne alcune).

Il gruppo è composto da Olly Pearson (voce ed effetti), Chris Chantler (batteria) e Dom Finbow (chitarra), trio dedito all'occultismo e all'horror (come si legge dal loro myspace) nonché all'estremismo sonoro e al lento (e ripeto lento) trasportare l'ascoltatore verso una straziante e terribile agonia. Difficile non notare la vicinanza di questo album con le atmosfere scure e cupe di "Black One" dei Sunn O))) e con l'angosciante lentezza dei Kanhate, entrambi accostamenti di rilievo. Soprattutto è importante evidenziare come i Moss possano tranquillamente far parte di quella cerchia di band che da quindici anni a questa parte hanno rivoluzionato e saputo far rinascere un genere come il doom, radicalizzandolo e talvolta trasformandolo in qualcosa di nuovo, frutto anche delle sperimentazioni più disparate e di un'evoluzione in continuo progredire.

Questo lavoro si compone di quattro tracce per la durata totale di 74 minuti, un lungo viaggio caratterizzato da droni, sonorità funeree, riff monolitici e urla e grida di ogni genere. Il percorso che si intraprende ascoltando quest'album è duro ed impervio, non mancano momenti di puro disagio e alienazione in cui è facile chiedersi che cosa stia accadendo e quale sia il senso di tutto ciò. È proprio come addentrarsi all'interno di una "palude" melmosa e piena di nebbia, perdersi e poi ritrovare la strada disorientati e confusi riguardo ciò che si è verificato.

Personalmente uno dei migliori album degli ultimissimi anni.

Carico i commenti...  con calma