I Motörhead, con ogni probabilità, epitomizzano un vero e proprio atteggiamento nei confronti della musica "pesante". Nessuna delle loro canzoni è particolarmente fantasiosa o innovativa, ma l'obiettivo del gruppo è tutt'altro: rivitalizzare il vetusto hard rock dei Deep Purple secondo la logica nichilista e trasandata del punk.
Accade così che riff martellanti e vocals sgolate e roche si fondano a cadenze quasi epilettiche e ad atmosfere orrifiche riuscendo a dare un nuovo volto all'heavy metal. L'esordio omonimo e "Overkill" avevano messo in mostra il canto sguaiato e sfrontato di Ian "Lemmy" Kilmister, la percussività sfrenata di Phil "Philty Animal" Taylor e la chitarra torrenziale di Eddie Clarke attraverso vere e proprie canzoni-manifesto come "Motörhead", "Iron Horse" e "Overkill".
"Bomber" non si discosta affatto dalle coordinate tracciate dai primi due album, proponendo ancora altri proiettili arroventati di riff e cadenze minacciose: l'epica "Dead Men Tell No Tales", posta in apertura, la melodica e incalzante "Sweet Revenge" (con tanto di ritmo blueseggiante) e la cavalcata in odore di rabbia punk "Stone Dead Forever" (con una coda di incandescenti eruzioni chitarristiche) sono tutte ottime aggiunte al catalogo della band, pur non presentando pressoché nessuna novità (il gruppo si manterrà sempre su livelli qualitativi decedenti, ad eccezione delle ultime produzioni, senza quasi mai discostarsi dal proprio stile) mentre le altre tracce non fanno altro che variare leggermente sugli elementi classici del gruppo.
Non so dire se si tratti di un album imprescindibile. Probabilmente no, i Motörhead faranno di meglio (vedi "Orgasmatron" e "1916") e le composizioni degne di note sono davvero poche. Per gli appassionati di heavy metal e delle vibrazioni dure in generale, dovrebbe essere però un'ottima scelta. I Motörhead sono una band onesta e appassionata, che fa il proprio mestiere con sufficiente classe e tanta convinzione. Inutile chiedere di più, ma pensate che tante band non offrono neppure questo...
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