Chi non conosce i Motorhead? Da sempre la band inglese, capitanata dal mitico Lemmy (uno dei miei miti preferiti, prototipo del classico metallaro rozzo, birraiolo e casinaro) è sinonimo di grande Heavy Metal, suonato col cuore e con la stessa trentennale passione di sempre.
L’album qui preso in esame (che tono serio…..) è il grande Overkill, il secondo album della band (terzo se vogliamo includere il debutto ufficioso On Parole), ma è il primo album che porta il gruppo da un sound particolarmente rock and roll del precedente album ad uno decisamente più metallico e veloce. Cosa molto importante: il cd fa parte della "Sacra Triade" (sempre sia lodata!!!) dei capolavori che hanno consacrato i Motorhead alla storia della musica: Overkill, Bomber (entrambi del 1979) e Ace Of Spades, uscito l’anno successivo. Qui ritroviamo la band con la classica formazione composta da Lemmy Kilmister (Basso e voce, OLE’) Eddie "Fast" Clark (chitarra, OLE’) e Philty "Animal" Taylor (batteria, OLE’), fautori di un classicissimo Heavy metal senza inutili fronzoli, a velocità serrate, dai riff graffianti e dagli assoli travolgenti. La struttura delle canzoni è piuttosto simile per tutti i brani (riff, strofa, ritornello, assolo, strofa, ritornello) ma ogni brano ha contenuti molto diversi rispetto ad un altro, rendendo il disco, a mio parere, mai noioso.
Il compito di opener al platter è affidato alla title track, “Overkill”, pietra miliare dei Motorhead obbligatoria negli show live: la voce rauca caratteristica di Lemmy ci delizia con quella tonalità grezza che solo lui possiede, Philty picchia maledettamente dietro le pelli e ci da dentro con la doppia cassa e Eddie ci regala come sempre un' esibizione carica di feeling col suo strumento. E' una canzone parecchio ingannevole, che per due volte fa finta di fermarsi e prosegue con fiammanti assoli (particolarmente spettacolare quello sul finale in distorsione); impossibile rimanere fermi di fronte a questa scarica di adrenalina! Si prosegue con “Stay Clean” , ottima canzone dal riff coinvolgente e dal ritornello molto catchy da ripetere in continuazione. E' uno dei brani preferiti live, particolarmente coinvolgente la cavalcata di basso di Lemmy al centro della canzone. Con un riff particolarmente R'n'R ha inizio “(I Won't) Pay Your Price”, a mio avviso il pezzo più debole dell'album, bellino, divertente, ma niente di più. Si aggira sulle stesse coordinate anche la seguente “I'll Be Your Sister”, godibile ma che non lascia certo il segno. Di tutt'altra pasta è la quinta traccia Capricorn, un vero e proprio classico della produzione del trio britannico. Un brano non troppo veloce, con una bella cavalcata di batteria, riff molto particolari ed un Fast Eddie particolarmente ispirato alle sei corde, superba. Pezzo rimasto alla storia (probabilmente il migliore insieme alla title track) è “No Class”, un boogie-metal dal sapore vagamente southern, dal riff quadrato, ideale per headbangare selvaggiamente come solo un vero heavy metal maniac sa fare. “Damage Case” è un' altra perla essenziale della discografia Motorheaddiana, adrenalina pura, un ritornello che si pianta nella vostra testa, un grande Philty alla batteria, Lemmy fa vibrare come solo lui sa quel suo basso marcio e ultra distorto ed Eddie è sempre il solito asso della chitarra. La prossima canzone è “Tear Ya Down”, un bel pezzo ritmicamente punkeggiante, degna di nota il basso dominante in questa song ed i giri di chitarra melodici ed incisivi. Riprendiamo il respiro (quasi sia…) con “Metropolis”, un hard rock carico di fascino e di phatos, lento e pacato, ma non per questo meno coinvolgente o spettacolare. Mette addoso una strana sensazione, appunto un' atmosfera da triste metropoli tecnologica del futuro. Da applausi la prova chitarristica di Eddie Clarke ed il pezzo di batteria centrale di quel mito che è Philty Taylor (lo sapevate che ha smesso per un periodo di suonare con i Motorhead perchè è svenuto durante un esbizione particolarmente adrenalinica?). La chiusura dell' LP è affidata a “Limb From Limb”, il brano più atipico del disco che non presenta il solito schema tanto caro al gruppo, ma alterna una fase lenta e bluesy a pezzi speed con relative rasoiate chitarristiche; è uno dei migliori pezzi proprio grazie alla sua diversità.
In definitiva questo è un album essenziale (insieme ai due successivi più il grande live) di una band che ha fatto la storia del metal. E’ un disco che ha ispirato generazioni e interi gruppi (basti pensare a tutto il movimento della NWOBHM): insomma una pietra miliare nella storia del metallo. Se ancora non lo avete (ma ne dubito) non vi resta altro che procurarvelo ed andare alla grande con la band più loose del mondo.
Don't sweat it, get it back to you,
Overkill Overkill

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