"Demon Box", anno 1993, appartiene al primo periodo della band, quando il suono era ancora metalloso. Qui confluiscono (piuttosto caoticamente) le influenze principali dei nostri hard-rocker, da Neil Young ai Motorhead, dai Sonic Youth ai '70es, e i nostri passano da progressioni industrial a melodie pop senza soluzione di continuità: la traccia che apre il disco, "Waiting For The One", è una ballata folkeggiante di stampo quasi Drakeiano, mentre la successiva, "Nothing To Say", è un inno power rock dal ritornello altamente orecchiabile; a spiazzare l’ascoltatore ci pensano la violentissima “Feed Time”, lo stupendo hardcore di “Sunchild”, con un testo sopra le righe. Si passa poi a due tracce presenti solo nella versione in vinile, “Gutwrench” e “Mountain”, con forti echi di Pink Floyd, testimone delle grandi potenzialità del gruppo. Arriviamo al lato più soft, rappresentato soprattutto da “All Is Loneliness”, cover di un vecchio pezzo di Moondog, e “Come On In”, un chitarra/voce dall’incedere malinconico. Si giunge così all’apocalittica title-track, fatta di feed-back e rumori devastanti fini a se stessi (qui la fanno da padrone i Sonic Youth). Da notare la trascinante “Junior”, di sapore lo-fi e la stupenda “Plan #1”, altro grande classico dal grande pathos, che vede la partecipazione di Matt Burt, scrittore americano, alla voce parlata. Ci avviamo alla chiusura affidata a “The One That Went Away”, versione elettrica della prima traccia (come in Neil Young, “Hey, Hey, My, My” e “My, My, Hey, Hey).
Nella sua piacevole confusione giovanile questo disco è un passo importantissimo nello sviluppo della band in quanto li consacra nella scena nazionale e dà le basi ai vari sviluppi che il sound prenderà in “Timothy’s Monster”. Immancabile per ogni loro fan.
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