Non saprei come iniziare e che parole usare per un album di questa portata. Non saprei anche perchè della band si sa poco o nulla, vista la loro intenzione di rimanere nell'anonimato più assoluto. L'uomo ha però una grande dote, cioè quella della percezione. Ascoltando le primissime note di quest'album, anche il più distratto degli ascoltatori percepisce la potenza del doom più estremo e sfiancante, generato dall'uomo stesso. Un funeral doom logorante, che davvero distrugge qualsivoglia forza d'animo per lasciarti solo, neanche più in compagnia di te stesso. Il tuo corpo si lacera pian piano e si spezza sotto i colpi di un album devastante da ogni punto di vista.
La monade pitagoriana era ciò da cui nasceva il tutto, un principio filosofico assoluto, che sottointendeva la creazione. I Mournful Congregation distruggono il concetto di monade, alterandolo a creazione del dolore umano. Il concetto di base rimane quello, ma il suo fine cambia. La creazione va ad assumere un connotato negativo, un po' quello che sosteneva Schopenhauer: nel momento in cui una persona nasce, coloro che gli hanno dato la vita diventano colpevoli. Hanno generato attraverso le loro due infelicità, una terza infelicità che se la dovrà vedere con il dolore e la difficoltà del mondo. Tutto questo è quello che (più o meno) gli autraliani Mournful Congregation, hanno cercato di inserie in quest'album, composto da "soltanto" quattro tracce.
"Mother - water, the great sea wept" è una delle composizioni pià laceranti e massacranti che le mie orecchie abbiano mai ascoltato. E' il pianto disperato dell'uomo alla sofferente ricerca impulsiva di placare la sua ira, sentimento malevolo secondo gli antichi. Ed è proprio l'ira il tema principale della canzone, che riprende anche alcuni versi dell'Iliade di Omero. Diciotto minuti di infinita afflizione, piramidi oscure, violenza strascicata all'infinito e nel bel mezzo di tutto ciò la pace momentanea, insperata.
"As I drown in loveless rain" allo stesso modo della precedente non lascia scampo. Sembra quasi che il gruppo voglia riconfermare l'inscindibile dualismo tra musica e sofferenza che sottolineano con forza nell'opener. I riff diventano poesie sonore che tagliano l'anima, incupiscono, scoraggiano e infine distruggono le nostre certezze. Difficile affrontare una song come questa. L'oscurità esistenziale messa in musica.
"When the weeping dawn beheld its mortal thirst" apre scenari di consapevolezza che non ci saremmo aspettati. Si apre varchi nell'animo dell'ascoltatore con una delicatezza sfuggente, propria di un mondo delirante, ormai giunto sul baratro. Una nenia che pur suonando dolcemente richiama alla mente malinconia ed oscurità. Unghiate che scalfiscono con prepotenza la carne...
Infine "The monad of creation". Una riflessione sulla vita umana e ciò che comporta. L'addio definitivo a qualsiasi certezza, l'illusione stessa della vita come prosecuzione al di là della morte. La tomba sull'esistenza, con sprazzi di delicata pace, fine a se stessa, persa in un mare magnum di dolore e nera sofferenza. Il simbolo della vita e della morte che si uniscono nel sublime richiamo della natura...
Una via senza fine, una foresta troppo impenetrabile per essere attraversata, un tunnel oscuro di claustrofobica grandezza. Tutto è nero, le speranze sono ormai finite. Il viaggio è giunto al termine. The monad of creation si fa sentire come un disco che a tratti diventa davvero ostico per lo stato di trance emotiva in cui ti getta con violenza, senza rimorso.
Non solo musica. Sentimenti.
1. "Mother - Water, The Great Sea Wept" (18:21)
2. "As I Drown In Loveless Rain" (11:22)
3. "When The Weeping Dawn Beheld Its Mortal Thirst" (10:03)
4. "The Monad Of Creation" (20:53)
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