"Si affittano anime": questo il significato del titolo del terzo album solista di Nuno Bettencourt (si! È il chitarrista degli Extreme). "Fournished souls for rent". Seconda esperienza sotto il nome Mourning Widows, il cui logo è anche tatuato sul braccino del buon Nuno.

E' un disco di rock crudo e un po' arrabbiato, a tratti violento e a tratti più pacato. Se siete arrabbiati col mondo farà di certo al caso vostro. La parte del leone la fanno quasi sempre i "riffoni" di chitarra doppiati dal basso, il tutto condito dalla magistrale batteria di Jeff Consi. I testi sono abbastanza curati, anche se a volte l'autore si abbandona un po' al nonsense.

Il disco si apre con la title-track "Fournished souls for rent": un riffone in drop-D violentissimo, cantato molto ritmato che esplode in un ritornello molto melodico. Il solo è allucinante, sia per la tecnica che per i suoni. La canzone parla di una donna, forse una prostituta a giudicare dal testo, che con la sua violenza, la sua dolcezza riesce, appunto, a prestarci per un po' la sua anima.

La seconda canzone, forse la più bella, forse no, è "No Regrets". Questo è un brano veramente ROCK! Il riff ti entra immediatamente in testa e la voce di Nuno è veramente usata alla perfezione. Urlata quando serve, melodica nel bridge. Il breve assolo riprende un po' la melodia del ritornello per poi chiudere in una coda molto veloce. Un bel pezzaccio insomma. Sempre in drop-D (caratteristica un po' monotona se vogliamo della maggior parte delle canzoni del disco). E' una canzone che incita a ribellarsi a ciò che nella nostra vita non va, tutte quelle abitudini che ci bloccano, ci fanno adeguare: ("Don't obey the teacher, quit your job Tomorrow, quit your job today").

L'intro di "UpsideDownside" si apre con degli accordi un po' lo-fi seguiti dal solito riff. Il cantato è ritmato, ripete quasi le stesse parole su questo giro di basso un po' pedante, che però sfocia in un potente ritornello. Dopo una parte lenta si arriva ad un break strumentale che termina in un assolo molto particolare. Una canzone difficile da assimilare rispetto alle altre. Anche perché il testo è un po' nonsense. Ma l'ultimo ritornello fa davvero viaggiare.

Le prime tre canzoni possono far esaltare, arrabbiare, deprimere, eccitare. Insomma l'atmosfera ha bisogno di una calmata. Ecco che arriva "Monkey Paw", canzone un po' stile Extreme, con un riff funk-rock orecchiabile e ritornello iper-melodico e romantico. E' forse il pezzo più melodico ed orecchiabile. Bello. Ma senza lode e senza infamia.

"667". Questo brano sembra una caricatura dei brani inneggianti a Satana. Già dal titolo. E' anche questo un pezzo abbastanza "allegrotto", "spensierato". Parla un po' degli atteggiamenti delle persone nei confronti della religione, dell'aldilà. Ma in maniera del tutto leggera. (parlando dell'inferno "don't you smell there's something burning?").

Anche in un disco così c'è spazio per un pezzo lento, romantico a tratti. "Space" è un brano molto bello. La prima parte è molto brit-oriented, mi ricorda qualcosa degli Oasis. Ma dopo il ritornello ecco ritornare il classico Bettencourt-riff. Parla di amore forse, forse di una storia che finisce e che fa soffrire fino a "sanguinare". Ma forse parla d'altro chissà. La parte più carica della canzone (prima e dopo il solo) è forse la parte più bella. Mi viene da dire che sia la perla del disco. E' romantica ma non è melensa e conserva quel "rude-mood" presente in tutto il disco. Questo è forse il pezzo più riuscito per la voce, considerando anche il falsetto nella coda del pezzo.

"The Swing" è forse il pezzo più Extreme-oriented dell'album. Il riff è tipicamente quello del Nuno con quartetto di Boston. Il ritornello soprattutto, dove per la prima volta si avvertono con forza i controtempi e le armonizzazioni vocali. Chissà a cosa si riferisce il testo...

Le ultime tre canzoni ci riportano inequivocabilmente alle prime tre. "Fuck You" è un pezzo forse un po' più "minimal" e grezzo, ma molto carico ed arrabbiato. Un up-tempo tirato, che si apre con la batteria e il basso che porta una linea un po' monotona che però è funzionale alla canzone; dopo la strofa arriva il ritornello con la dirompenza della chitarra. L'intro dell'assolo è in puro Bettencourt-style. E' un brano che parla probabilmente dei problemi dell'essere una rockstar, delle persone affamate di soldi di cui ci si può per sbaglio circondare.

I "War Paints" sono i dipinti facciali che le tribù si fanno per affrontare i nemici. In effetti, questa canzone parla proprio degli indiani d'America, e del modo in cui è stata annientata la loro cultura e la loro tradizione. Si apre col suono di un telefono occupato (fatto con la chitarra). Il riff principale è un po' scontato per la verità; anche il cantato non si discosta molto da altre canzoni di Nuno. Però una svolta arriva con gli accordi del bridge e del ritornello. La canzone prende una piega molto più violenta.

La canzone che chiude l'album è come se chiudesse un cerchio. Potrebbe essere la prima ma messa alla fine riesce a dare quasi una chiave di lettura. Che vorrà dire "Angerexia"? Probabilmente si riferisce al fatto di essere sempre e comunque arrabbiati (anger-exia, per assonanza con anorexia). Il riff è granitico e gioca molto con gli armonici naturali. Anche il testo è molto riuscito ("you got a scratch but you can't reach the itch"). Forse il pezzo più rabbioso dell'album, e uno dei più belli sicuramente. Molto roccioso anche nel sound. Il ritornello è veramente trascinante.

Per concludere è un album per gente arrabbiata. Può alla lunga stancare per la latente monotonia dei pezzi, tutti con la stessa accordatura, lo stesso mood. Ma proprio questa omogeneità potrebbe anche far innamorare. E' un disco che sicuramente fornisce (oltre alle anime) anche una visione diversa del sound di Nuno Bettencourt, meno tecnico (ma mica tanto) e molto più diretto, "in-your-face!".

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