Ci avrebbero scommesso in molti a suo tempo su di un successo stabile e duraturo per questi californiani Mr.Mister, dopo che verso la metà degli anni ottanta erano riusciti a sfondare coi singoli "Broken Wings" e "Kyrie" e con l'album che conteneva entrambi "Welcome To The Real World". Il grande riscontro commerciale stava correndo poi in parallelo con una notevole stima e considerazione da parte di addetti ai lavori ed esperti musicali in genere: in altre parole Mr. Mister era percepita come una di quelle entità musicali capaci di funzionare a diversi livelli, buona sia per ragazzini e ragazzine pubescenti (frontman belloccio, ritmi danzerecci...) che per appassionati musicali in cerca di bravi musicisti, convincenti melodie, brillanti arrangiamenti, liriche interessanti.

Invece no, la stella del gruppo si opacizzò repentinamente e fu proprio quest'album, seguito un paio d'anni dopo a quello del grande exploit, a fare un inopinato buco nell'acqua, smentendo così clamorosamente il suo programmatico titolo ("Andiamo avanti...") e provocando l'estinzione del contratto discografico con la multinazionale, con relativo stop alla pubblicazione del lavoro successivo già bello che pronto ed intitolato "Pull" (per la cronaca riemerso trent'anni dopo, nel 2010).

Se non sui Mr.Mister come banda, in tantissimi avrebbero scommesso almeno sul loro cantante/bassista/compositore Richard Page, un biondino di talento capace allora di rifiutare il posto in squadra offertogli sia dai Chicago (più di cento milioni di dischi venduti in carriera) che dai Toto (una quarantina di milioni), due campioni assoluti di musica virtuosa e insieme commerciale, compromettendosi in questo modo un'estesa esposizione artistica e mediatica e pure una solida agiatezza economica.

Il musicista in effetti è di serie A: voce limpida e alta un po' alla Sting ma più potente ed armonica, bella competenza sullo strumento e soprattutto ottime idee melodiche (la semplice ma geniale linea di basso di "Broken Wings", colle sue sospensioni cicliche e i suoi accenti non ortodossi, fece scuola). Invece Page è finito a fare il songwriter (di successo, ma pur sempre defilato) per Madonna, Céline Dion, Meat Loaf, Hall&Oates e tanti altri, nonché a rinforzare i cori con la sua augusta voce negli album dei Toto, dei Survivor, di Sammy Hagar, dei Reo Speedwagon e di mille altri. Il nostro ha messo insieme anche tre o quattro album solisti, ma se li sono filati in pochi.

Che cos'ha di male, di diverso "Go On..." per aver venduto un decimo del predecessore? Nulla: il suono è lo stesso medesimo, il modo di comporre e concepire il pop-rock sempre quello, elegante e brillante, sofisticato ma non troppo, virtuoso ma accessibile. I ruoli dei quattro musicisti restano quelli: Page è la voce, l'immagine, la melodia, il divo (in teoria); il tastierista Steve George è la trave portante delle composizioni col suo sonoro e creativo lavoro alle tastiere ed ai sintetizzatori; il chitarrista Steve Farris è bravo ma ha un ruolo più defilato, meno strutturale... infiocchetta e arricchisce, funkeggia e smanetta di leva all'inverosimile. Il suo strumento, tra chorus costantemente inserito e leva del tremolo in continua azione, finisce per perdere incisività, così sempre tremolante e povero di corpo. Il batterista Pat Mastellotto (che finirà anni dopo alla corte di Robert Fripp nei King Crimson) ci dà dentro con tamburi veri e finti, subendo le mode sonore di quegli anni che imponevano un trattamento brutale di reverbero al rullante, stesso destino del basso di Page che deve assoggettarsi ad essere doppiato spesso e volentieri da linee di synth.

Manca il grande hit, il pezzo molto ben fatto come tutti gli altri ma anche ruffianissimo come lo era "Broken Wings" (ma non "Kyrie", invero modesto e non meritevole del numero uno in classifica a sua volta raggiunto): è incredibile come la percezione di un disco rispetto ad un altro possa cambiare solo perché in uno vi è un pezzo trainante e nell'altro invece no. Così andò, e così si concluse la carriera dei Mr.Mister, con questo pregevole album di pop/funky rock a metà strada fra Duran Duran (per carità... un milione di volte meglio!) e Toto.

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