22 fragili stalattiti sotto il sole d'Islanda

Ascoltando quest'album si viene colti da un'improvvisa voglia di destrutturare le cose, il proprio universo sonoro e abbattere i labili confini che separano le cose, gli oggetti, le definizioni e le classificazioni. Viene voglia di prendere il fardello delle mostre conoscenze e buttare tutti i fogli all'aria infischiandosene di tutto e buttarci alla scoperta del buio e dell'ignoto.
Causa e mente pensante di tutto questo è tale Mugison Isafjordur, che nella vita è passato da un esperienza nei pescherecci nei mari d'Islanda a lavoretti saltuari in diverse città fino ad approdare col suo sogno nel cassetto in quel di Londra. Nel 2003 e 2004 gira mezza europa suonando, tritando e frullando i suoni raccolti un po' ovunque, distillandoli in un patchwork di canzoni o scampoli di brani, che danno più l'idea di un percorso turbinoso, disturbato e a volte tremendamente coraggioso, infilandosi in nicchie sonore difficilmente etichettabili ma al tempo stesso avvincenti e curiose. Un po' come come aprire la porta della soffitta della casa dei nonni e non aspettarsi minimamente cosa si troverà al di là.

Dopo l'esordio di "Lonely Mountain" il nostro ci regala questo bellissimo "Nice Land" che, come promette il titolo, ci porta per mano a scoprire questo suo personalissimo Paese delle Meraviglie made in Islanda. Nel disco si passa da brani tipicamente da folk singer "old style" (sentire il brano d'apertura "2 Birds" che trae in inganno l'ascoltatore più superficiale) via via sempre più addentro a percorsi sghembi e disallineati (la splendida "Move On" molto Matmos oriented) a cose low-fi tenere e cristalline ("I'm On Fire") o briciole di brani timidamente accennati (il brano "Later..." di ben 9 secondi!! o il seguente "To The Bank") inciampando quasi in brani di costruzione più classica alla Radiohead (sentire il brano "I'd Ask" e ditemi se la voce non sembra quella di Yorke!).
L'album è pieno zeppo di idee in continuo divenire come ascoltate in un ipotetico caleidoscopo sonoro, dandoci brani incantevoli come "Still - Song For Hippies" che deve molto ai conterranei Sigur Rós e ai Mum, segue poi la splendida "Yfirskin By Kippi Kaninus" che farebbe letteralmente impazzire Björk e i suoi epigoni per poi spiazzare ancora con "Mugigospel" tra il divertossement e lo sberleffo (appena 30 secondi) o con il rumore di lande desolate e silenziose (più LOW del low-fi!) accompagnati solo da minimi rumori di ambienti ancestrali, squarciati da deboli rumori di uccelli, porte che si aprono, echi di passi lontani.
Il disco prosegue in una traiettoria che di fatto non c'è. Quasi un viaggio interiore nella mente sfasata del suo autore che non stanca mai di stupirci (sentire la n°14, quasi un valzer alla Yann Tiersen). Tanta, tantissima carne al fuoco, dove il nostro non butta via niente perché niente è veramente da buttare (per esempio i vari take del brano "I'd Ask" sono profondamente diversi uno dall'altro e questo ci fa ben pensare sulla capacità compositiva del nostro)

Si dirà che questo album era la colonna sonora di un film, e ci sta pure, dico solo (al di là del committente e degli aspetti prettamente commerciali) che un disco così, con o senza immagini a supporto, non finirà mai di stupirmi.
E di questi tempi di "vacche magre", dove si battono sempre le stesse strade e dove la musica sa sempre più di operazioni di marketing che di vera ispirazione, ebbene, dico: ben vengano lavori di questo tipo.
Lavori che, come al solito, ascolteremo io e altri 4 gatti in croce.

Un consiglio: andate sul sito indicato, ché è possibile scaricarsi parecchi contributi, per non dire quasi tutto l'album!!!

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