Persino al più impacciato ascoltatore di jazz, come potrebbe essere il sottoscritto, il titolo fa affiorare il ricordo del celebre Sketches Of Spain di Miles Davis. Un'eredità pesante da raccogliere, che necessita anche di una certa dose di sicurezza dei propri mezzi. Forse, una certa dose di arroganza?

Mulatu Astatke non sembra essere mosso dall'egocentrismo tipico di altri nomi più o meno importanti di una scena, quella jazz, dove il leader assoluto è risaputo. Si pensi a geni come Coltrane, Mingus, lo stesso Davis. Gente che cambiava i compagni di viaggo come fossero calzini. Mulatu è innamorato della sua terra, è innamorato dei ritmi a volte calorosi, altre indolenti, delle sue musiche tradizionali. A metà dei 2000 il musicista (polistrumentista, compositore, maestro d'orchestra) venne lanciato all'attenzione di un pubblico ampio grazie all'efficacissima colonna sonora assemblata e selezionata dal regista Jim Jarmusch per il suo "Broken Flowers". Seguirono nel 2010 l'album Mulatu Steps Ahead, e tre anni più tardi questo Sketches Of Ethiopia.

E' jazz che non c'entra nulla con i locali fumosi metropolitani, o le battone da film noir. E' musica etnica che si innamora del bebop e flirta con le vibrazioni latine. Ocra è il colore che mi viene in mente, puntellato da verde spento e qualche fiamma speziata. "Gambella" ha un ritmo ortodosso che sostiene delle irresistibili danze di fiati, chitarre acustiche, mani che battono. Le altre saltellano tra momenti rilassati, complessi, accattivanti, forse a volte un po' prolissi.

Un viaggio che traccia una linea tra Addis, madrepatria e musa ispiratrice, la Francia, sede dell'etichetta Jazz Village, e l'Inghilterra, provenienza di alcuni dei talentuosi musicisti che prendono parte a questa festa.

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